Nativi Micidiali: a 16 anni già chiedono di essere pagati per fare un post.

Avevo espresso alcune perplessità sul fenomeno, o meglio sull’attenzione a mio modo di vedere smisurata che ultimamente veniva riservata ai Digital Natives. Ne avevo parlato in questo post, chiedendomi e chiedendoci se tutta questa enfasi fosse dovuta davvero a dei talenti eccezionali (almeno quelli visti all’incontro romano di Capitale Digitale) o se invece non colpisse l’immaginazione di noi adulti sentir dire le stesse nostre frasi a dei ragazzini. I Nativi Digitali (definizione di comodo per indicare coloro che sono nati  cresciuti a contatto con le tecnologie digitali) o almeno le piccole star tra di loro sono dei veri talenti o sono solo “figli della transizione da atomi a bit e ci colpiscono per questo? Stiamo scoprendo dei geni o creando dei mostri? Probabilmente nessuna delle due, avrei detto anche io, almeno fino alla notizia di due giorni fa. 🙂

Succede che il più straordinario tra loro, l’ospite straniero, il role-model ultima esportazione della terra dei McDonald sia stato beccato con le mani in pasta: ha chiesto come autore di TechCrunch all’azienda che doveva recensire di essere pagato (con un computer) per fare un post di review. . Il peccato maximo per un blogger. 🙂

Daniel Brusilovsky, il nativo digitale che a Roma, con un filo di spocchia parlava dei suoi guadagni (30/40.000 dollari l’anno, almeno quelli dichiarati:-) ), delle sue aziende e dei suoi articoli si comporta già come il peggiore dei cronisti di mezz’età. Ruba le tartine, chiede regali per fare il suo lavoro. Ha costretto il povero Michael Arrington a pubbliche scuse due giorni fa.

Questo proprio il mese (maledetti tempi di stampa…) in cui WIRED incensa tutti gli altri partecipanti a quel meeting capitolino proponendoli, nel numero di marzo in edicola, come possibili ministri o Presidenti del Consiglio. Non siamo ridicoli, dai! Che poi si fan beccare con le dita nella marmellata proprio quando il giornale esce in edicola 🙂 Mi sa che stiamo correndo troppo, sarebbe stato meglio candidarli (seriamente) a rappresentanti del loro Liceo e sarebbe meglio abbassare un po’ i riflettori da dei ragazzi sicuramente bravi e intraprendenti, ma appunto ancora dei ragazzi. Lasciamoli coi loro genitori, lasciamoli andare a scuola. Rischiamo altrimenti di insegnar loro il peggio del nostro mondo e di impedirgli di imparare le basi etiche del lavoro.

Il buon Brusilovsky, con un post verosimilmente scritto dai suoi genitori, si ritira a studiare e fare il teenager per un po’. Ottima idea, Daniel: hai tutta la vita davanti per avere successo, non avere fretta. Riccardo, Luca cosa ne dite: facciamo tutti un passo indietro su questo tema? Proviamo a aprire un dibattito più noioso forse, ma molto più importante: quale educazione in un mondo digitale?

43 pensieri su “Nativi Micidiali: a 16 anni già chiedono di essere pagati per fare un post.

  1. andrea casadei

    bravo marco, tema azzeccato e considerazioni perfette…

    io con i miei figli la sera prima di metterli a nanna gioco a tombola… per doom c’è tempo…

  2. Andrea Contino

    Tutto mondo è paese e il magna magna sfonda le barriere dell’Italia a quanto pare.
    Concordo, sulla rapida escalation su questo tema e i riflettori puntati a luce probabilmente un po’ troppo alta.
    Ci sono sicuramente da fare dei distinguo, chi è davvero genio e chi magari si autoproclama tale per riempirsi le tasche. Questo si sarebbe utile fare da parte nostra che oramai l’età per essere giovani-e-belli l’abbiamo superata da un pezzo

  3. stellarivello

    E purtroppo non avranno 16 anni un’altra volta. E devo dire che ‘lidea della tombola non è mica male.

  4. francobianchi

    scusa marco forse non sono la persona più indicata perchè non sono un esperto del settore ,ma condivido in toto la tua analisi perchè basata su principi universalmente riconosciuti ,i ragazzini sono ragazzini e si devono confrontare con il loro ambiente anche se a volte gli possa stare un pò stretto.I baby boom poi fanno boom.

  5. Fabio Lalli

    Ciao Marco.

    Sono un pò di sere che mi trovo a parlare dello stesso argomento con più persone e vengo additato come il 30enne che subisce la pressione dell’avanzamento dell’età ed è invidioso della dinamicità dei Nativi Digitali. Continuo nel dire che non è così, anzi, sono contentissimo che esistano giovani, italiani, brillanti che fanno pensare che non ci siano solo truzzi, coatti, emo e bla bla bla. Ritengo anche io che stiamo creando dei mostri: stiamo regalando notorietà in modo eccessivo così come avviene su altri media. Notorietà che porta ad avere una consapevolezza diversa e a costruire degli schemi che non facilitano la creazione di idee fuori dagli schemi. La creatività di questi Nativi è data proprio da questo: dalla mancanza di modelli entro i quali muoversi. Se noi gli costruiamo intorno questi modelli, limitiamo involontariamente la creatività e quel pensiero laterale che hanno adesso.

    Mi ritengo un indigeno digitale, ma questa è un altra cosa della quale se ci troviamo una volta ti dico.

    E poi come dice il “conte” di un mio amico: “Il momento in cui sti sedicenni vedranno un pò di pengia, vediamo se staranno ancora sul pezzo”

  6. koalalorenzo

    Bell’articolo,
    hai mirato e colpito nel punto giusto. Io credo, da nativo digitale, che questa sia soltanto una moda.

    Un pochino come la moda nel giornalismo reale, così ciò che si pensa nel web italiano, è condizionabile dai discorsi fumosi: siamo o non siamo umani?

    Come il fumo che serve per allontanare le api, questi discorsi mi danno fastidio. Ho imparato che più una persona viene adulata, più questa si sente “ad un livello superiore”… e più si va avanti più si rischia di cadere in basso. (Più sono grandi più quando cadono fanno rumore)

    E quando si crede di esser grandi, e si commettono errori come quello che hai scritto, si fa tanto rumore.

    da oggi ti seguo: piacere Lorenzo 🙂

  7. Dario Salvelli

    Generalizzare non è mai bello, sono d’accordo con il tuo post Marco però mon è solo un fenomeno americano o lontano da noi: ci sono tanti 16 enni in Italia che scrivono nei network di nanopublishing, dai più noti a quelli più invisibili. Il guaio è far credere che siano tutti dei geni solo perchè sono nativi digitali. E’ un grave errore che viene commesso soprattutto nei loro confronti: bisognerebbe stimolarli continuamente invece che con del denaro con concorsi di idee, premi e bonus per obiettivi, viaggi studio, borse di studio.

    Mi piace poi in tal senso segnalare il post di Dettori che parla proprio di una “questione giovani”:

    http://gianlucadettori.nova100.ilsole24ore.com/2010/02/il-digital-divide-generazionale-dellitalia.html

  8. troubledsleeper

    purtroppo il fascino del baby genio è sempre esistito….e poi c’è il problema del blog come strumento d’arricchimento.
    un mix micidiale!
    bel postcomunque: hai proprio fato centro!

  9. Antonio

    A me tutto Wired sembra sopravvalutato, in particolare il direttore.

    Ex ultrà romanista, se non erro.

    Non leggo il giornale ma penso che avranno proposto anche Aranzulla come presidente .. in effetti lo vedo bene come presidente , cioè ha in comune con il sig. Berlusconi molte cose, a cominciare dalle fesserie che dice.

  10. italovignoli

    Sono appena uscito da un seminario all’università di Padova: io – 55 anni – sulla cattedra, loro – digital natives – sui banchi. 100% cellulare, e basta. Inglese da imbarazzo, pratica della tecnologia idem (feed RSS, chi era costui?). Chiacchiericcio di fondo, un po’ attenti e un po’ no. Certo, arrivano da una scuola da imbarazzo… ma questo non basta per giustificarli. E non basta essere “digital natives” per arrivare. Thomas Alva Edison ha detto “inspiration is 90% perspiration” (o qualcosa di molto simile): vale anche oggi.

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  12. Tagliaerbe

    Gran bel pezzo.

    Mi ha fatto venire in mente Matthew Robson (15 anni), e le sue parole/previsioni prese come oro colato (se ne parlava qualche mese fa, anche qui: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2009/07/robson-adolescenti-media-traduzione.shtml e qui: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2009/07/morgan-stanley-analisi-new-media-matthew-robson.shtml ).

    Francamente, pure avendo superato i 40, non mi sento poi così superato… noi che non siamo nativi digitali, abbiamo almeno una cosa che loro non hanno: l’esperienza 🙂

  13. Marco Massarotto Autore articolo

    Grazie Tagliaerbe, anche se non è un conflitto generazionale! Io mi auguro davvero che l’Italia diventi un paese dove le università e le istituzioni promuovo l’innovazione e dalle cui intelligenze possano uscire progetti di successo, non vorrei che però diventassimo un paese dove alleviamo le cattive pratiche già in tenera età. Credo sia importante ribadire alcuni concetti, tutto qua. E credo che se davvero si vuole far qualcosa per i giovani talenti non sia incensarli a vuoto sulle pagine di un giornale, ma occorra rimboccarsi le maniche, girare le scuole e le università e produrre cultura d’impresa e dell’innovazione. Ottimi link i tuoi comunque.

  14. aaacopywriter

    In uno scenario nel quale le vergini australiane e inglesi mettono all’asta la loro virtù su eBay, cosa vuoi che sia chiedere la cagnotta per un post? :P,

    Alex

  15. marco

    Ecco, forse dovremmo insegnare il valore dell’umiltà e dell’impegno. Come riportava l’editoriale della scorsa setimana di Internazionale:

    Geoff Colvin, un giornalista statunitense, ha scritto un libro in cui sostiene che il talento è sopravvalutato. Quello che conta è l’impegno consapevole, intenzionale, costante e prolungato per raggiungere un determinato obiettivo. Prove alla mano, Colvin dimostra che da Mozart a Tiger Woods, passando per Picasso, tutti quelli che vengono comunemente considerati dei geni hanno in realtà raggiunto i loro straordinari risultati solo dopo anni e anni di intenso impegno. Il loro talento non era innato, ma acquisito.

  16. italovignoli

    La frase esatta di Thomal Alva Edison era la seguente: “il genio è uno per cento ispirazione e novantanove per cento traspirazione”. Senza arrivare a queste percentuali, un grammo di impegno in più farebbe bene a molti (unito a un quintale di umiltà, una dote che si è persa per strada nel corso degli anni).

  17. Tagliaerbe

    @marco: concordo, Gary Vaynerchuk lo chiamerebbe hustle: “qualcuno con meno passione, meno talento e contenuti peggiori potrà superarti alla grande se lavora più a lungo e più duramente di te. Questo è l’hustle. Senza hustle, puoi solo raccattare le tue cose e tornartene a casa.”

  18. max

    concordo con te, marco e faccioo notare come, ancora una volta, è l’esasperazione mediatica che dà una bella mano a fabbricare il caso.

    wired o non wired, “sbatti il mostro in prima pagina” funziona sempre!

  19. pamarasca

    Caro Marco, bisognerebbe far leggere questo tuo post nelle università e, soprattutto, durante i convegni. Cogli il segno non tanto con l’esempio del “nativo” con le mani impiastricciate, ma soprattutto tornando al decisivo tema dell’educazione, che sembra ormai sepolto sotto troppe macerie.
    I nuovi media impongono un’educazione del senso critico e dell’etica se possibile più attenta e consapevole di quanto mai si sia immaginato (non fatto, ahimé); un’educazione paradossalmente meno tecnica e più morale. Ma l’impegno ci sembra tanto gravoso che ci limitiamo a gettare questi ragazzini nell’arena, e pretendiamo che se la cavino come non ce la siamo cavata noi.
    Senza costruire un’educazione adeguata, si corrono rischi persino maggiori che in passato.
    Grazie del post, dunque

  20. Luca De Biase

    Il problema, secondo me, non è di questo o quel ragazzino. Che di per se fa pi… Mostra tuttoù che altro tristezza. Casomai è di questa o di quell’azienda che pensa alle recensioni come fossero pubblicità e accetta di pagare. Ma mi fa pensare anche la pratica di creare leggende metropolitane come l’esistenza dei “nativi digitali” come categoria culturale indipendente dall’insieme delle relazioni sociali che le persone di ogni età vivono, qualunque sia il medium che usano. La facilità di generazione di slogan e la degenerazione “edeologica” che essi determinano sono causa di distrazione e distruzione. Imho.

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  22. Andrea

    è un blogger o un giornalista? Se è un blogger e così ci campa, buon per lui. Se è un giornalista, tenuto al rispetto di norme deontologiche et similia, allora fate bene a indignarvi.

    (tra l’altro, l’abbinamento camicia-pantaloni è orrendo)

  23. Pingback: La modesta opinione di un nativo digitale (anzi, micidiale) - Shannon.it

  24. Vincenzo De Tommaso

    Scusate, per quale motivo i nativi digitali dovrebbero essere più “etici” dei non nativi?

    Semmai è il contrario, sono più esposti. Hanno meno senso critico, sono figli della distrazione digitale, non del discernimento.

    Dietro il blogger c’è la persona. Se questa persona ha 16 anni e la fai sentire già una star, poi questa perde la testa. Succede anche a gente molto più matura. Si tratta di un caso umano.

  25. Marco Massarotto Autore articolo

    Infatti, provocazioni a parte credo anche io il punto sia promuovere il talento con senso di responsabilità, prendendo spunto da un caso specifico.

  26. Pingback: Due occasioni per scrivere

  27. Biño

    Quello figlio della transizione da atomo a bit SONO IO, non i NATIVI digitali, io, che in prima liceo non avevo il cellulare!

    Un _nativo_ in quanto tale non ha visto proprio nessuna transizione. Sarà cambiato il mezzo, ma se i nativi non imparano dai dinosauri rifaranno gli stessi errori. Solo che li faranno moltiplicati per 2^32 (perché non c’è ancora IPv6)

  28. Marco Massarotto Autore articolo

    Per figli della transizione intendevo proprio figli di genitori che sono in transizione e quindi non condividono la stessa lingua/immediatezza.

  29. max

    Questione di linguaggio quindi.

    Concordo, la questione è più allargata e va affrontata a monte, prendendo giustamente spunto dal caso specifico.

    Come consulente di comunicazione e come papà, sento fortemente che se non impari la lingua che parleranno i tuoi clienti (e i tuoi figli) tra 5-10 anni avrai grossi problemi.

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