Archivio mensile:marzo 2010

Sartoria e meritocrazia: stili imprenditoriali a confronto tra Silicon Valley e Italia.

Trovo sul blog di Massimo questa foto di Steve Jobs (Founder e CEO di Apple) e Eric Shmidt (il CEO di Google) ritratti a chiacchierare in un coffee shop. Steve ha la sua immancabile “divisa”: jeans, NewBalance e girocollo nero, Schmidt è appena più formale, ma lontano anni luce da come ci immagineremmo il CEO dell’azienda più potente del pianeta (e qui non so bene nemmeno io se mi sto riferendo a Google o Apple).

La Silicon valley è un posto strano, oggi è l’epicentro mondiale dell’industria tecnologica e (ormai anche) media, è stata la culla della cultura Hippie in cui la rivoluzione digitale affonda le radici, è il nord della california, quello della corsa all’oro, il Far West, insomma, terra di conquista da sempre. Dalle culture hippie, freak, hacker e dai crogioli culturali di Stanford e Berkeley è nata un’onda sismica che sta influenzando tutto il mondo, la rivoluzione digitale se la sono immaginata nei campus del nord california negli anni 70 e oggi sta riscrivendo le regole dell’economia globale. E lo sta facendo in blue jeans, portando con sè anche una nuova “eitiquette” del business.

Questo ambiente misto di cercatori di fortuna, crediti universitari sogno americano e aspiranti rivoluzionari ha generato forse il più grande sistema meritocratico della storia dell’uomo. La Valley attira i talenti di tutto il mondo e li centrifuga estraendone ogni anno una next big thing. C’è troppo da fare e da creare in un posto così per avere il tempo di andare a vestirsi da Caraceni, come dice Massimo. 🙂

Ho condiviso il post su facebook e ne è nata una vivace discussione su sartorialità, meritocrazia e brain-drain (fuga dei cervelli) con testimonianze interessanti da chi vive in USA: incollo qui sotto alcuni estratti, la conversazione intera è qui.

Paolo Privitera

Qui in USA c’e’ un forte desiderio del fare … e si parla solo quando si e’ fatto. Il sistema fortemente meritocratico auto-elimina in manierla naturale chi parla parla … e poi l’arrosto non arriva mai 😉

Roberto Dadda

La valley è un posto molto particolare, in genere in usa i megamanager sono immensamente più formali dei nostri!

Monica Pisciella

a mio parere in Usa si agisce, in Italia si pensa e si parla di agire…e non resta tempo per concretizzare. condivido apprezzamento per pragmatismo e per capacità di pensare in grande USA.
Paolo Privitera

Il sistema quasi esclusivamente internazionale e di immigranti (piu di 130 razze e lingue),e’ stato strutturato in maniera rigida e pragmatica tale da fare girare al meglio tantissimi ingranaggi sociali delicati … ricordiamoci che la gente e’ scappata da ogni parte del mondo per venire qui,a cercare fortuna,allontanarsi da situazioni spiacevoli edifficili o non condivise, intravvedendo un posto migliore dove imparare e crescere. Non che il sistema non abbia difetti, ma sicuramente e’ un posto migliore dell’Italia dove crescere e lavorare, e alla base sta etica, fiducia e rispetto verso il prossimo, parole (grosse e) rare in Italia. Mi piacerebbe poter portare un po’ di “cose buone” qui dalla Silicon Valley e potere migliorare un po’ il sistema Italia … ma la vedo difficile,forse rimarra’ un discorso possibile solo generazionalmente. Si potrebbero anche portare e metterle in pratica ma mancherebbe l’ecosistema. Certamente il brain-drain non porta da nessuna parte, ma basterebbe cosi poco per poter essere apprezzati anche nel Bel Paese.
Emergono chiari due temi, a mio modo di vedere: formalismo (anche burocratico) e assenza di meritocrazia, forse i veri freni allo sviluppo del nostro paese, oggi ancora più frenanti in una economia globale e in real time. Che ne pensate? Ce li vedete Berlusconi e Geronzi in New Balance? Che poi, secondo me, la meritocrazia l’abbiamo inventata noi proprio con le “botteghe”, no?

TAX 2.0 – Il fisco come Venture Capitalist dell’Innovazione in Italia?

La settimana scorsa ero al Barcamp di Catania “Stati Generali dell’Innovazione”  e mi sembrava doveroso portare un contributo, visto che così usa ai Barcamp (http://it.wikipedia.org/wiki/BarCamp). Al mattino, vedendo tanti ragazzi in procinto di lanciare la loro Start Up ho pensato di condividere con loro le esperienze fatti in questi tre anni per far crescere Hagakure. In particolare, visto che si parlava di finanziamenti e Venture Capital, ho pensato di condividere le difficoltà incontrate, per poter magari essere d’aiuto a qualcuno di loro nella programmazione delle loro attività.

Così mi son messo a scrivere delle slide di getto nell’aula di Palazzo Platamone e mentre le scrivevo mi rendevo conto di come il nostro fisco, se lo volesse, potrebbe essere il più straordinario Venture Capitalist agevolando la crescita finanziaria delle giovani Start Up con una politica fiscale ad hoc che con adeguate dilazioni e favorendo i reinvestimenti. Sarebbe una politica Win Win, in cui nel medio periodo una società ha più chance di crescere e quindi pagare in futuro più tasse.

In sintesi ecco i tre punti necessari secondo la nostra esperienza per invertire la rotta, da motore di opposizione all’innovazione a propulsore dell’innovazione stessa.

1 – SALDO IVA AL SALDO FATTURA PER LE AZIENDE SOTTO I 5 ANNI (Perché una StartUp deve finanziare lo Stato? Dovrebbe essere il contrario!)

2 – CONVERSIONE FISCALE PER CHI PRODUCE UTILI E LI REINVESTE PER  ASSUMERE NEI PRIMI TRE ANNI (Reinvestendo gli utili in posti di lavoro si creano dei nuovi contribuenti che pagano le tasse l’anno dopo)

3 – FINANZIAMENTI FISCALI AD HOC PER LE START UP

Vi incollo qui sotto il video e le slide, che ne pensate?

Crowdselling: è giunta l’ora di vendere ai propri fan di Facebook?

Ne avevamo parlato in un posto poco tempo fa: tra i motivi per cui gli Internet Users americani seguono un brand su facebook c’è la possibilità di avere sconti e “special offers” (vedi qui). Ora eMarketer torna con nuovi dati (volendo anche un po’ ovvi, come sottolinea Luca) che ci dicono che il primo motivo dichiarato per seguire un brand su facebook è ricevere “discounts and promotions”.

Oltre a ciò più di metà degli utenti facebook e il 67% di quelli twitter intervistati dichiarano che sono più propensi a acquistare e/o a raccomandare (!) un prodotto che “seguono” sui Social Network. Che si stia raggiungendo il sogno di ogni marketer: misurare direttamente in vendite gli effort di marketing?

Quali forme di vendita possiamo immaginarci in questo scenario: credito telefonico/dati venduto a te e al tuo network di amici? Vendi tre abbonamenti per me e ti regalo un iPhone? Trova chi compra una macchina con te e la usa le ore in cui a te non serve? Alcuni lo chiamano Crowdselling, di sicuro le opzioni sono molte.

Diciamo che per adesso il segnale dà un valore prospettico molto concreto alle azioni sui Social Media e che forse Automotive, Telco, Banche dovrebbero osare un po’ di più e “tentare” azioni anche commerciali. Resta aperto il discorso della piattaforma: quando facebook prevederà l’ecommerce? Come saranno gestite le transazioni? Un Social Network diventerà la più grossa banca mai esistita?

Perché difendere la rete? (Ovvero portiamo Twitter in Parlamento).

[È nato tutto con questa nota su facebook: http://www.facebook.com/note.php?saved&&suggest&note_id=385548876604 ora abbiamo centinaia di tweet senza sosta e ne stanno già parlando in molti…] Vi ripropongo il testo anche qui, fuori da Facebook.]

Giovedì prossimo, 11 marzo, in occasione degli incontri di Capitale Digitale sarà in Italia Lawrence Lessig. Lessig (autore di REMIX, testo fondamentale per capire le nuove dinamiche che sottendono al diritto d’autore e alla fruizione di contenuti e informazione) è colui che ha fondato Creative Commons e che ha fatto da advisor a Obama nella sua campagna elettorale. Una figura di primissimo piano che avremo l’onore di poter seguGiovedì prossimo, 11 marzo, in occasione degli incontri di Capitale Digitale sarà in Italia Lawrence Lessig. Lessig (autore di REMIX, testo fondamentale per capire le nuove dinamiche che sottendono al diritto d’autore e alla fruizione di contenuti e informazione) è colui che ha fondato Creative Commons e che ha fatto da advisor a Obama nella sua campagna elettorale. Una figura di primissimo piano che avremo l’onore di poter seguire di persona o in diretta streaming. L’incontro sarà a Montecitorio, presso il Parlamento italiano e si parlerà di libertà e diritto all’informazione, di contenuti digitali e fruizione, di copyright e pirateria, di Internet e politica. In occasione di questo incontro, presieduto dall’onorevole Gianfranco Fini, e che vedrà la presenza di molti amici e persone che da anni lavorano per la Rete, invece di chiedervi di mandare via twitter le vostre domande abbiamo pensato di portare alla Camera le vostre risposte. Le vostre risposte alla domanda: perché dobbiamo difendere la rete? Se in questi giorni scrivete su Twitter i vostri motivi e usate il tag #difenderelarete, i vostri Tweet verranno consegnati a Lessig e al Presidente Fini e verranno consultati e discussi durante il dibattito. Ci sembrava il modo più forte di rendere davvero rappresentativo questo incontro e di “far entrare più persone possibili in Parlamento”. Vi preghiamo di diffondere questa nota presso i vostri amici che ritenete possano essere interessati e invitarli a Twittare il loro perché. Grazie. UPDATE 11/3/2010 ore 11:00 Siamo letteralmente travolti dai tweet, sono oltre 300 da ieri sera e crescono al ritmo di 2/3 al minuto! Riccardo Luna li sta leggendo, è probabile che oggi verranno proiettati o commentati non so se riusciremo a raggrupparli per le 15 in un documento, nè se sia giusto visto che è diventato il tag della giornata. Produrremo un documento da pubblicare sul web e spedire alla Camera all’inizio di prossima settimana, così non ci perdiamo i vostri tweet di oggi. ire di persona o in diretta streaming. L’incontro sarà a Montecitorio, presso il Parlamento italiano e si parlerà di libertà e diritto all’informazione, di contenuti digitali e fruizione, di copyright e pirateria, di Internet e politica.

In occasione di questo incontro, presieduto dall’onorevole Gianfranco Fini, e che vedrà la presenza di molti amici e persone che da anni lavorano per la Rete, invece di chiedervi di mandare via twitter le vostre domande abbiamo pensato di portare alla Camera le vostre risposte. Le vostre risposte alla domanda: perché dobbiamo difendere la rete?

Se in questi giorni scrivete su Twitter i vostri motivi e usate il tag #difenderelarete, i vostri Tweet verranno consegnati a Lessig e al Presidente Fini e verranno consultati e discussi durante il dibattito.

Ci sembrava il modo più forte di rendere davvero rappresentativo questo incontro e di “far entrare più persone possibili in Parlamento”. Vi preghiamo di diffondere questa nota presso i vostri amici che ritenete possano essere interessati e invitarli a Twittare il loro perché.

Grazie.

UPDATE 11/3/2010 ore 11:00
Siamo letteralmente travolti dai tweet, sono oltre 300 da ieri sera e crescono al ritmo di 2/3 al minuto! Riccardo Luna li sta leggendo, è probabile che oggi verranno proiettati o commentati non so se riusciremo a raggrupparli per le 15 in un documento, nè se sia giusto visto che è diventato il tag della giornata. Produrremo un documento da pubblicare sul web e spedire alla Camera all’inizio di prossima settimana, così non ci perdiamo i vostri tweet di oggi. Seguono aggiornamenti, qui sotto l’andamento della conversazione:

UPDATE 12/3/2010 ore 08:00

Stimiamo oltre 2000 tweet in 24 ore, i limiti tecnici della piattaforma twitter stanno venendo fuori nel retrieval, ne avevamo cmq salvati la stragrande maggioranza. In vari passaggi i tweet sono stati letti o citati, ora stiamo cercando il modo più sensato e realistico di confezionarli. Ecco un trend, per darvi l’idea.

E invece ecco la classifica dei top tag su Twirus.

E se non riguardasse solo il Marketing?

Stavo sfogliando questa presentazione sui modelli di management ampiamente ispirata dai vettori del cosiddetto Web 2.0: comunità, conversazione, collaborazione. E mi è tornata in mente una domanda ricorrente la cui risposta conosciamo benissimo, ma che a volte da operatori del marketing tendiamo a dimenticare: non stiamo guardandola troppo stretta? Non siamo troppo focalizzati a studiare e analizzare gli effetti e le variazioni che le dinamiche della rete portano al marketing e ci dimentichiamo che le stanno portando alla società? Forse dovremmo cambiare punto di vista e ricordarci, mentre scriviamo un piano di comunicazione, che le forze sociali sotterranee al web cambiano le gerarchie di potere, prima che di comunicazione. Fare una campagna di comunicazione sui Social Media non deve essere una scorciatoia per una visibilità a basso costo, ma il riconoscimento di nuovi stakeholder e nuove regole di potere tra l’azienda e i consumatori. Solo allora le campagne funzionano davvero.

Ecco dunque uno schema noto ai Web Marketer applicato al management (cioè a coloro che decidono e pagano per le campagne di Web marketing 😉 )