Archivio mensile:giugno 2008

La nuova BlogBabel (unauthorized screenshots?)

Con “divieto di pubblicazione…”.

UPDATE

Prima di tutto sono desolato dal putiferio che si sta creando. Non ho ancora capito bene cosa stia succedendo, ma tra una ventina di minuti ci sentiamo al telefono con un po’ di persone. Siccome mi pare che si siano toccati dei tasti delicati, e la mia ultima intenzione è creare problemi a qualcuno a tutela di chi possa avere tali problemi per il momento tolgo gli screenshot, poi vediamo qual’è il problema.
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Cronaca à rebours della GGD4

Wilson e Pm10 late dinner

Ore 24:15 Pippa Wilson mangia delle brioches non fatte da lei sotto gli occhi sgranati di PM10

Princi&the 500key/1

ore 24:00 transazioni di chiavette USB 500 da Princi, mentre ordinavamo la pizza il panettiere ci ha chiesto se “eravamo la FIAT?” e gli abbiamo regalato l’ultima chiavetta avanzata. Pare sia stata scambiata per 4 baguette e ora ci giochi il figlio della panettiera al suo fianco…

Ninna Cotton Club

Ore 23:30 Rossella nei panni di Diva anni ’20

MrPorreauDJ

Ore 22:30 Monsieur Porreau alla consolle. Hats down.

Michael Righeira

Ore 21:30 Michael Righeira first appearance nella blogosfera

Fiat 500 staff/1

Ore 20:30 la FIAT si siede in mezzo ai blogger…

Suzuki, what's in the bag?

Ore 19:30 SuzukiMaruti ritrova se stesso in uno shopper della 500

Preparazione

Ore 18:30  Wrapping up for the party…

Il resto lo trovate qui…

Tag: girlgeekdinnersitalia4

…e se lo dice Kotler.

Arriva un po’ ultimo, il Grande Vecchio, come si è autodefinito, ma almeno si spera farà presa su scettici, spaventati e incerti. Tra le citazioni (VIA B&Blogs) dell’incontro a Milano di ieri:

Le aziende devono “aprirsi ai consumatori e stabilire una relazione”

Basta con le 4 P, ora siamo al CCDVTP (Create, Communicate, Deliver, Value,Target, Profit

Le aziende devono “create an experience (a good one)”

Ha menzionato il “word of mouth”, il “buzzing” e pure il mitico “Facebook”

Cose che forse sentiamodire da un paio di anni, ma certo un endorsement del genere ha comunque il suo valore.

Per chi non lo sapesse Philip Kotler è considerato il massimo esperto mondiale di Marketing ed è autore di un altrettanto famoso manuale su cui si sono formate generazioni di marketing operatives: qui su Wikipedia.

La sapete quella del tedesco, del francese e del belga…

…che propongono di mettere una tassa ai commenti sui blog?

In nome di una non meglio specificata “fair competition” per i “media professionals” pare che il Parlamento europeo stia vagliando un’ipotesi di tassa/premio sugli user generated content utilizzati commercialmente da media e aziende.

Per come leggo questa proposta e per alcuni estratti riportati da Luca a malapena raggiunge lo status di barzelletta. Per i seguenti motivi:

– Determinare il “valore commerciale” degli user generated content è un’impresa che qualunque “media professional” (IMHO) definirebbe ardua, assurda e insensata.

– Tenere traccia dell’effettivo utilizzo (nonchè del loro effetto/valore) dei contenuti generati dalle persone (foto, video, testi, commenti, voti, link etc) è come voler tener traccia di ogni parola pronunciata dalle persone per quantificarla/tassarla.

– La “fair competition” nei media si ottiene, sempre secondo il mio modesto parere, producendo i contenuti migliori nel rispetto della legge (copyright, libertà di cronaca e d’espressione) e non dando un prezzo alle opinioni della massa. Se qualcuno vuole commentare il mio post può farlo o non farlo, in base a quale titolo si può addebitarmi un dovere economico nei suoi confronti non mi è chiaro…

– Costituire un sistema di debito per cui i media mainstream devono denaro parcellizzato a chiunque commenti i loro articoli, mi sembra più un colpo di grazia che una strategia per il futuro.

– Il problema non sussiste, nel senso che la attuale restrittiva legge sul diritto d’autore già tutela gli user generated content, casomai è un problema di applicabilità della legge, figuriamoci l’applicabilità di un balzello a carico dei media sui post.

– La necessità di chiarificare, riguardo ai blog, the status of their authors and publishers, including their legal status, [that] is neither determined nor made clear to the readers of the weblogs, causing uncertainties regarding impartiality, reliability, source protection, applicability of ethical codes and the assignment of liability in the event of lawsuits, è anch’essa tecnicamente errata (si può risalire praticamente a tutto) e praticamente ridicola dal momento che il gioco non vale la candela: implementare un meccanismo di registrazioni assurdo e impraticabile (domani apro un blog con un provider cinese e ridiamo..) per prendere più facilmente un diffamatore è sintomatico di disorientamento più che di visione giuridica.

– Limitare ripetutamente il problema ai “blog” dimostra una conoscenza superficiale e qualunquistica della rete, dal momento che la maggior parte delle conversazioni online e degli user generated content avvengono in forum e social networks, mentre i blog rappresentano una punta di visibilità, ma non certo la massa critica.

Quello che Luca forse tralascia un po’, leggendo la mozione, è una positiva volontà di tutelare il pluralismo mediatico che si evince da alcuni passaggi. Peccato che questa volontà si manifesti con una serie di proposte inadatte e inapplicabili e che tradisca in più punti una volontà lobbystica di tutelare un oligopolio mediatico (dove sta scritto che i media devono godere di tutele pubbliche? Non eravamo in un libero mercato?) senza riscontri di legge per fare ciò e senza individuare soluzioni applicabili e concrete.

L’offerta pare sostanziarsi così: registrati e ti diamo due lire se citiamo il tuo post. Oppure resta anonimo e sei un clandestino del web.

Non sarebbe stato molto meglio spendere i soldi pubblici in una sana riforma della legislazione europea sul diritto d’autore che da 10 anni almeno si dimostra inapplicabile e, di conseguenza, inattuale e quella sì che crea dei bei problemi?

L’unica cosa interessante che mi è capitato di leggere nella mozione è the need to increase media literacy in the EU, cioè la necessità di accrescere l’albaetizzazione della EU su Internet. Comincerei con un bel crash course al parlamento europeo, che dite?

30 anni di innovazione in quattro righe e mezzo

Apple ignited the personal computer revolution in the 1970s with the Apple II and reinvented the personal computer in the 1980s with the Macintosh. Today, Apple continues to lead the industry in innovation with its award-winning computers, OS X operating system and iLife and professional applications. Apple is also spearheading the digital media revolution with its iPod portable music and video players and iTunes online store, and has entered the mobile phone market with its revolutionary iPhone.

In quattro righe e mezzo da sempre Apple si autodefinisce nei suoi comunicati. Nel corso di questi anni però ha dovuto aggiungere in queste poche righe:

– Un sistema operativo che ad ogni release innova l’interazione uomo-PC

– Il più grande negozio al mondo di musica: iTunes

– Il più popolare strumento di fruizione della musica al mondo. l’iPod

– Un telefono che integra le varie funzioni e che sta spopolando, in particolare oggi con l’attesissimo iPhone 3g

Le righe di Boilerplate sono sempre 4 e mezzo,mentre i prodotti sono passati da uno (computer) a cinque (computer, osX, iTunes, iPod, iPhone).

Personalmente trovo strepitoso il verbo “ignited” (ha acceso, avviato, messo in moto…) della prima riga, introdotto qualche comunicato fa e che dà il “la” a tutta la storia.

Comunicazione digitale, catodica, tipografica…

Leggo questo post su Ted Disbanded, di Francesco Taddeucci, uno dei copywriter più premiati d’Italia. Riporta una interessante segnalazione di un intervento di Nick Law sul nuovo modo in cui le coppie creative delle agenzie dovrebbero lavorare. In sintesi Law propone di aggiungere una “digital person” alla coppia copywriter/art director.

Questa ossessione, tutta pubblicitaria, di riferirsi al mondo del web come al “digitale”, di chiamare i progetti relativi a Internet “digital” tradisce sin da subito una scarsa familiarità col web. Mi spiego meglio, tutto il sistema pubblicitario, probabilmente per effetto di qualche guru che ha usato il termine “digital” per la prima volta, fa un gran parlare di “digital” creativity, “digital” strategy etc etc.

Se i “digital advertisers uscissero fuori dalla loro digital-nicchia si renderebbero conto che sono solo loro a chiamare Internet “media digitale” (che fa anche un po’ ridere…). Pensate se si riferissero alla tv e agli spot come “comunicazione catodica” o alla stampa come “comunicazione tipografica” 🙂

Anche estendendo il concetto di “digitale” al mondo della telefonia mobile o alle nuove forme di TV, la sostanza non cambia. Il problema non è fare una comunicazione digitale o più digitale rispetto al passato, il problema è sempre quello: fare una comunicazione che funzioni.

Oggi la comunicazione, anche solo quella offline, passa da mille canali. Non so se gli eredi degli scrittori e pittori americani di inizio secolo* possano farcela da soli, o anche accompagnati da una “digital person”. Io nel team di comunicazione della mia agenzia/azienda vorei registi, DJ, street artist, giornalisti, fotografi, graphic designers, programmatori Ajax o Ruby e i pubblicitari quelli con una visione strategica, che sappiano concepire e coordinare un concetto forte su cui lavorare tutti assieme.

*=Copywriter e Art Director sono due figure che nascono assieme all’advertising e quindi assieme alla stampa, ai giornali. Erano di solito pittori di grido o di tendenza e scrittori di romanzi d’avanguardia assoldati dalle prime “Agenzie” di pubblicità che facevano compravendita di spazi. Il concetto di creatività pubblicitaria nasce dal fatto che la pagina era un’inserzione, un’intrusione nei contenuti del giornale e quindi doveva dare qualcosa in cambio: emozione, stupore, fascino. Serviva qualcosa di nuovo, di creativo, appunto. Poi è arrivata la televisione, ma registi e attori non sono quasi mai entrati nel processo creativo, così come non lo sono entrati i DJ con la radio. Adesso Internet sta coagulando i linguaggi, stimolando le relazioni brand-consumer, creando ogni giorno nuovi linguaggi e modi di interagire: chissà se basta una digital person a fianco di copy e art? 🙂

Nella foto la costruzione del Times Building, sede del NY Times: credits qui