Quaranta minuti col sistema sanitario giapponese.

Passo una buona parte dell’anno in Giappone per ragioni familiari e professionali, pur non avendo cittadinanza, residenza né alcun visto particolare se non quello turistico che ricevono tutti in forma di timbro sul passaporto all’atterraggio che consente di passare nel Paese tre mesi e null’altro.

Standoci a lungo capita anche di ammalarsi e settimana scorsa mi sono preso una brutta tosse. Sommata al jet lag e al poco sonno non passava, anzi. Dopo qualche aspirina penso che forse sarebbe il caso di prendere un antibiotico e chiedo a mia moglie (giapponese) di andare “dal dottore” per avere una prescrizione di un antibiotico per la tosse. Detto fatto, ci rechiamo, scortati dalla mamma di mia moglie presso un piccolo centro medico di un piccolo paesino di provincia.

La mamma di mia moglie, notando le auto nel parcheggio che a me pareva comunque mezzo vuoto, ci mette in guardia: è lunedì mattina  e ci sarà “tanto da aspettare“. “Sono abituato“, dico tra me e me… Entriamo e nella sala d’attesa ci sono 5 o 6 vecchietti giapponesi di fronte a una reception dove tre infermiere mandano avanti computer e documenti e ogni tanto chiamano le persone per cognome per farle accomodare dalla dottoressa. Ore 10:10.

Approcciamo la infermiera che ci dà un modulo di due pagine, solite domande: operazioni, malattie, allergie, sintomi… compiliamo, consegniamo. Passa un attimo e ricevo un termometro elettronico dalla reception. 30 secondi e proviamo la febbre: assente (è ancora mattino presto…).  Ore 10:15

Nishimura saaann!” Tocca a una piccola signora. Due minuti dopo tocca a “Hayashi saaan“! e un attempato signore fa due metri nel corridoio e entra nella sala visite.  Massarottoooo saaan!”  Tocca a noi. Ore 10:18 (E certo, è lunedì e ci sarà “da aspettare“…)

In corridoio ci dicono di attendere scusandosi, ma dopo circa 30 secondi si apre la porta e entriamo. Mia moglie (loro non sanno nemmeno il nostro rapporto, che non costituisce alcun titolo di vantaggio, potevo essere un qualunque straniero di passaggio) e la dottoressa discutono fitto fitto un minuto. La dottoressa mi fa un piccolo tampone nasale per il test influenza (tipo ABC), ci vorranno 5 minuti per leggere il risultato spiega la dottoressa mostrandoci il lettore del test,perché intanto non facciamo una lastra ai polmoni”? “Perché no…“. Usciamo dalla stanza torniamo in corridoio dove aprono un’atra porta e c’è una sala con una macchina per i raggi X e una macchina per la TAC (ricordo che siamo in un piccolissimo centro sanitario di un piccolissimo paesino di provincia…). Mi fanno togliere il maglione, appoggiare davanti alla macchina e… CIAK, fatti i raggi, che qui chiamano “shashin” (foto).. Ore 10:22.

Torniamo in corridoio e, scusandosi molto, ci chiedono di aspettare. Ci sediamo sul divanetto. Non facciamo a tempo a scambiarci due parole con mia moglie che si apre una terza porta dove ci invitano a entrare. Mi fanno sedere e mi fanno un prelievo per gli esami del sangue che nel frattempo mia moglie aveva ordinato a mia insaputa.  Finiti gli esami del sangue ci invitano a transitare direttamente nella prima stanza per parlare con la dottoressa dei risultati delle lastre. Ore 10:29

La dottoressa  ci presenta i risultati del test per l’influenza, negativo,  è una normale tosse. A computer sono pronti i risultati delle lastre: si vede l’infiammazione dei polmoni causata  dalla tosse, ma al tempo stesso la dottoressa dice che alcune zone dell’infiammazione non sono chiarissime e mi chiede: “Già che ci siamo, vuole fare anche la TAC?”. “Ora?” dico io, “Certo.” risponde lei.“E va beh, già che ci siamo… facciamola.” la macchina è lì, c’hanno ragione loro: usiamola. Ci chiedono di accomodarci in corridoio e attendere. Ore 10:34

Non riesco letteralmente a sedermi nel divanetto in corridoio che l’infermiera esce dall’altra porta e mi fa di nuovo accomodare nella sala per la TAC, mi spoglio mentre mi spiegano le istruzioni: “respira, trattieni, l’esame durerà 20 secondi” e mi fanno sdraiare sullo slittino della macchina. Motore, azione… TAC. Mi rivesto e torno in corridoio. Ore 10:41

La dottoressa ci fa entrare un ‘ultima volta e ci dice che mi ha ordinato gli antibiotici per la tosse e che purtroppo i risultati della TAC richiedono tempo per l’elaborazione e saranno pronti “solamente” per il giorno dopo alle 14:00, assieme a quelli del sangue. Ci accomodiamo in reception, ritiriamo la ricetta per i farmaci, paghiamo.

Visita medica
Test Influenza
Raggi X al torace
Esami sangue completi
TAC al torace
Totale 27:800 Yen

Sono 230€ per uno straniero senza alcuna assicurazione o titolo nel mezzo di un paesino di provincia del Giappone che si è presentato senza alcun appuntamento. Se fossi stato un cittadino giapponese avrei pagato per tutto questo solo il 30% (75€) se oltre i 60 anni solo il 20% (46€), per i miscredenti ho la ricevuta. Usciamo in strada, chiedo se arriva il Taxi e mia moglie mi dice che prima dobbiamo andare “in farmacia”, io le chiedo “è lontana”? Lei mi guarda stranita e mi indica la casetta a fianco: “è questa!”. Ore 10:46

Entriamo, non c’è nessuno, tocca a noi: porgiamo la ricetta e la farmacista va a prendere le medicine.

Torna da noi con il mio “libretto dei farmaci” personalizzato che terrà d’ora in poi la mia storia farmacologica in Giappone e le medicine in numero di pillole “sciolte” esatto e sufficiente per i giorni prescritti. Paghiamo i farmaci: 4.900 Yen (40€ che sarebbero 12€ o 8€ se con “mutua”) e usciamo, il taxi ci sta aspettando per tornare a casa. Ore 10:50

Il giorno dopo alle 14:00 ritiriamo i referti (esami sangue e TAC), tutto a posto. Al sistema sanitario giapponese dico grazie per l’eccellente servizio, ai governi e ai ministri della Sanità italiana degli ultimi decenni lascio dire a voi…

5 pensieri su “Quaranta minuti col sistema sanitario giapponese.

  1. Michele Ficara Manganelli

    Caro Marco, il bello è che appena si esce dall’italia è normale stupirsi, qui in Svizzera sono anche meglio dato che da noi al massimo si paga il 10% a carico dell’assistito e per fare una TAC a seguito di un infortunio di Paola dalla prescrizione alla macchina ci abbiamo messo 1 ora. Ma fossi in te starei comunque zitto perchè ricordare ai nostri compaesani in patria come stanno messi male significa solo rendersi scomodi testimoni di stati efficenti.

  2. The Vegetarian Chance

    Il racconto condito da una sottile ironia è utile per sapere che avere un sistema sanitario migliore è possibile. Ma quanti paesi si possono paragonare a Giappone, Svizzera e magari Canada o Scandinavia. Credo davvero pochi anche nel mondo sviluppato. Ciò che più preoccupa in Italia è che invece di migliorare si peggiora.

  3. marcomassarotto Autore articolo

    Secondo me il grande tema è la visione e i “tempi di attesa”, concetto davvero fuori dal mondo nella sanità, ma ormai sdoganato e diventato normale. Qui l’esame si fa QUANDO SERVE. Se ho male oggi faccio l’esame oggi, come è ovvio. E il “sistema” è organizzato e ruota attorno a questo concetto: Stai male -> Vai dal medico -> fai gli accertamenti del caso.

    I “tempi di attesa” (cioé avere macchine per le analisi piene ogni giorno di gente che necessitava l’esame mesi prima) è figlio di voler investire in struttura in logica “ottimizzata” (rimedio la macchina prima di comprarne un altra) e non di servizio;: metto i cittadini in condizione di fare gli esami) e “inefficiente” (mantengo un sistema “ingolfato”) con conseguenze sulla saluta DISASTROSE. Gente che passa settimane o mesi in stampelle o a letto (rovinandosi il corpo) prima anche di sapere di cosa operarsi. Malattie che progrediscono senza sapere. Etc etc.

    Non è un gara, di sicuro l’Italia è comunque meglio di tanti Paesi. Ma è un concetto (che bisogna attendere per fare un esame) che IMHO va debellato.

  4. Alessia Bellon

    Inoltre credo darebbe nuovamente un senso alla figura del medico di base, oggi diviso tra fare il cane da tartufo per indovinare il malessere e stampatore di ricette a rotta di colla.

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