4 marzo 2018. L’unico voto col segno “Più”. 

Siete tra gli indecisi per il voto di domenica prossima? Anche io. Sono un indeciso cronico. La mia storia del voto è una scheda bianca così grande che potrebbe assomigliare a una bandiera… bianca. Ma non mi sono ancora arreso, la speranza è sempre quella, poter dare un voto vicino ai propri interessi, compatibile coi propri ideali e coerente con la propria etica. Oltre ad aver votato poco (1 o 2 volte radicale tra i 20 e i 30 e 1 o 2 volte PD (o DS/PDS non ricordo gli anni esatti…) tra i 30 e i 40, ho disertato comunali, regionali, nazionali… ) ho anche fatto poca e nulla “campagna”. Non ho quasi mai manifestato il mio voto, né le mie intenzioni di voto. Ho auto la tessera del partito radicale a 18 anni per un anno durante l’operazione di salvataggio di Pannella. Mai altra tessera. Non ho mai fatto proseliti o opera di convincimento di parenti e amici per farli votare per qualcuno. Trovo il voto un fatto intimo, privato. 

Perché dunque interrompere questa bella consuetudine di farsi i fatti propri col proprio voto? Perché vedo una straordinaria situazione che mai mi è capitato in queste imminenti elezioni. Un livellamento verso il basso come mai e di TUTTI per OGNUNO dei tre indicatori (interessi, ideali, etica). A posizioni xenofobe, populiste, ignoranti di forze politiche emergenti fa tristemente eco altrettanta superficialità, ignoranza e ipocrisia di forze politiche tradizionali.

Abbiamo grattato talmente tanto che non c’è più nemmeno il fondo, del barile. Vediamo un vuoto siderale. Senza luce in fondo al tunnel. 

Al contempo vedo però una luce in direzione opposta, piccola ma chiarissima. E non sono i due presidenti delle camere desiderosi di estendere il soggiorno nei palazzi. Non sono rivoluzionari semianalfabeti o incoerenti. È una vecchia signora (absit iniuria verbis, cioè: non siano offensive le mie parole) che pochi giorni dopo le elezioni compirà 70 anni. Una donna che ha attraversato tutte le stagioni della politica che io possa ricordare e che ne è sempre uscita a testa alta, poche volte al governo  ma mai, MAI in difetto di competenza di onestà, di risultati.

“Eh, ma… Emma.”

Ecco, mentre guardi quella luce arriva un suono, un sibilo, un brusio: avanzano i cagadubbi. Da tutti i lati.

Non è di sinistra!”

È una mantra di chi continua ad anteporre l’ideologia alle idee, i simboli ai fatti. C’è una sola risposta a questa affermazione: “e chi se ne frega?” che non sia “di sinistra”? Vogliamo parlare delle idee? Delle proposte? Dei risultati? Della credibilità?

“Vuole congelare la spesa pubblica!”

Ho visto da vicino Monti. Lo chiamavamo  “zio Mario” nel suo quartier generale durante le elezioni 2013. Era una cosa di lavoro, non lo votai. Una brava persona, competente, ci ha probabilmente salvato da danni pesanti a causa del nostro debito. Abbiamo e hanno (molti più di me) pagato molto. Non per colpa sua, però. Per colpa di quanti prima avevano rubato, disperso, dilapidato. Mettere a posto i conti fa male. Richiede determinazione, onestà, sopportazione. Non credo proprio Bonino sarà “un’altra Fornero”, ma credo voglia lavorare di anticipo per riportare i nostri conti un po’ distanti dalla linea rossa. Per evitare tra 5 anni di dover stringere di nuovo tre buchi della cintura per averne allentato uno di troppo adesso. Si chiama “stare in forma”. Dai conti di casa a quelli di un’azienda chi è un buon padre o madre di famiglia sa che si comincia a fermare la spesa, a guardarsi dentro, a capire cosa si può tagliare o dove investire. Gettare le basi per fare poi operazioni di crescita. Di recupero del sommerso. Di correzione della pressione fiscale. Si fa così. Non è “di destra” o di sinistra”. Si chiama: “fare ordine”.

(Per chi vuole approfondire questo tema: qui e qui)

“(“La” ) Bonino vuole la tecnocrazia dell’Europa!

E qui c’è il punto nodale del dibattito elettorale. L’immigrazione. La sicurezza. La “razza” bianca, padana, europea, italiana. Il lavoro “prima” per gli italiani. Tutto. Tutto dipende dal modello di società che vogliamo.

Io penso che l’Europa sia stata fatta senza gli europei. Economicamente è stata fatta al chiuso dei ministeri. E ne abbiamo pagato il prezzo. Politicamente è stata fatta in circoli di potere che hanno scelto di trasformarla in una società multietnica, senza chiedercelo. L’Europa non lo è mai stata, multietnica e lo è sempre stata. Dal dopoguerra è stata un ensemble di stati nazionali, con popolazioni omogenee. Ma nei secoli è sempre stata un teatro di battaglie, incroci, mescole. La Magna Grecia era la Sicilia, dove c’è gente alta in quanto “normanni”.

Ma non ce lo hanno chiesto. 

Questo è stato grave. Un errore. Ce lo dovevano chiedere. O almeno dire: “guardate che nei prossimi decenni diventeremo come gli Stati Uniti“sappiate che i vostri figli andranno in aule dove saranno la minoranza, alle piene di bambini di tutti i colori, razze, culture”. “Preparatevi ad accogliere gente che verrà qui a cercare fortuna, perché qui si sta bene e si starà sempre meglio se saremo uniti”.

Ce lo dovevano dire. Ci dovevano raccontare un “European dream” che è possibile e può essere migliore di quello americano, per la nostra storia, la nostra cultura europea.

Ma in che lingua ce lo avrebbero potuto dire? Eh già, perché se usiamo l’inglese a scuola non va bene.  Ecco è questa cosa qua è la sintesi di tutto, secondo me.

Ce lo dovevano dire, è vero! Sono incazzato anche io che non me l’abbiano chiesto. Avrei risposto di sì, ma me lo dovevano chiedere comunque!

Adesso facciamoci passare l’incazzatura, però e decidiamo se stare dentro o fuori. Dall’Europa, dalla storia, dal futuro. E pensateci bene perché MENO Europa vuol dire tornare a parlare i dialetti, essere 50 milioni in un mondo di 7 miliardi, scendere dal G8 al G9 al G12 al GIAO. Meno Europa vuol dire meno ricchezza, meno opportunità, meno sicurezza. Ma NON vorrà dire meno immigrazione clandestina, anzi.

Ecco di questa Europa che non mi è stata chiesta, di un’Europa che possa stare al tavolo con USA, Cina, India, Russia e che rappresenti me e i francesi, i tedeschi, gli spagnoli (gli inglesi si arrangino… 😉 ) io ne voglio di PIÙ. Io vorrei: ONE ARMY, ONE TAX, ONE SCHOOL, ONE CARE, e soprattuto,  UNA LINGUA. E vorrei fosse l’inglese in sfregio ai britannici. Perché la vorrei più opportunista, l’Europa.

Per questo non vi è NESSUN dubbio secondo me su chi votare il 4 marzo. Proprio NESSUNO. C’è un solo voto, infatti, che non ha il segno meno (Anti, Contro, NO… qualcosa), ma il segno PIÙ. E per questo in un mondo dove anche le voci piccole possono convincere qualcuno, faccio la mia dichiarazione di vito: domenica 4 marzo voterò PIÙ EUROPA.

Non sono sicuro di aver ragione, ma almeno che non me ne pentirò. Ti pare poco visti i tempi… 😉

https://piueuropa.eu/programma/

https://piueuropa.eu/partecipa/

https://piueuropa.eu/emma/

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