Sartoria e meritocrazia: stili imprenditoriali a confronto tra Silicon Valley e Italia.

Trovo sul blog di Massimo questa foto di Steve Jobs (Founder e CEO di Apple) e Eric Shmidt (il CEO di Google) ritratti a chiacchierare in un coffee shop. Steve ha la sua immancabile “divisa”: jeans, NewBalance e girocollo nero, Schmidt è appena più formale, ma lontano anni luce da come ci immagineremmo il CEO dell’azienda più potente del pianeta (e qui non so bene nemmeno io se mi sto riferendo a Google o Apple).

La Silicon valley è un posto strano, oggi è l’epicentro mondiale dell’industria tecnologica e (ormai anche) media, è stata la culla della cultura Hippie in cui la rivoluzione digitale affonda le radici, è il nord della california, quello della corsa all’oro, il Far West, insomma, terra di conquista da sempre. Dalle culture hippie, freak, hacker e dai crogioli culturali di Stanford e Berkeley è nata un’onda sismica che sta influenzando tutto il mondo, la rivoluzione digitale se la sono immaginata nei campus del nord california negli anni 70 e oggi sta riscrivendo le regole dell’economia globale. E lo sta facendo in blue jeans, portando con sè anche una nuova “eitiquette” del business.

Questo ambiente misto di cercatori di fortuna, crediti universitari sogno americano e aspiranti rivoluzionari ha generato forse il più grande sistema meritocratico della storia dell’uomo. La Valley attira i talenti di tutto il mondo e li centrifuga estraendone ogni anno una next big thing. C’è troppo da fare e da creare in un posto così per avere il tempo di andare a vestirsi da Caraceni, come dice Massimo. 🙂

Ho condiviso il post su facebook e ne è nata una vivace discussione su sartorialità, meritocrazia e brain-drain (fuga dei cervelli) con testimonianze interessanti da chi vive in USA: incollo qui sotto alcuni estratti, la conversazione intera è qui.

Paolo Privitera

Qui in USA c’e’ un forte desiderio del fare … e si parla solo quando si e’ fatto. Il sistema fortemente meritocratico auto-elimina in manierla naturale chi parla parla … e poi l’arrosto non arriva mai 😉

Roberto Dadda

La valley è un posto molto particolare, in genere in usa i megamanager sono immensamente più formali dei nostri!

Monica Pisciella

a mio parere in Usa si agisce, in Italia si pensa e si parla di agire…e non resta tempo per concretizzare. condivido apprezzamento per pragmatismo e per capacità di pensare in grande USA.
Paolo Privitera

Il sistema quasi esclusivamente internazionale e di immigranti (piu di 130 razze e lingue),e’ stato strutturato in maniera rigida e pragmatica tale da fare girare al meglio tantissimi ingranaggi sociali delicati … ricordiamoci che la gente e’ scappata da ogni parte del mondo per venire qui,a cercare fortuna,allontanarsi da situazioni spiacevoli edifficili o non condivise, intravvedendo un posto migliore dove imparare e crescere. Non che il sistema non abbia difetti, ma sicuramente e’ un posto migliore dell’Italia dove crescere e lavorare, e alla base sta etica, fiducia e rispetto verso il prossimo, parole (grosse e) rare in Italia. Mi piacerebbe poter portare un po’ di “cose buone” qui dalla Silicon Valley e potere migliorare un po’ il sistema Italia … ma la vedo difficile,forse rimarra’ un discorso possibile solo generazionalmente. Si potrebbero anche portare e metterle in pratica ma mancherebbe l’ecosistema. Certamente il brain-drain non porta da nessuna parte, ma basterebbe cosi poco per poter essere apprezzati anche nel Bel Paese.
Emergono chiari due temi, a mio modo di vedere: formalismo (anche burocratico) e assenza di meritocrazia, forse i veri freni allo sviluppo del nostro paese, oggi ancora più frenanti in una economia globale e in real time. Che ne pensate? Ce li vedete Berlusconi e Geronzi in New Balance? Che poi, secondo me, la meritocrazia l’abbiamo inventata noi proprio con le “botteghe”, no?

7 pensieri su “Sartoria e meritocrazia: stili imprenditoriali a confronto tra Silicon Valley e Italia.

  1. baldo

    Non paragonabili. Italia e USA? Italia e Silicon Valley?!? non proviamoci nemmeno: è il metodo che secondo me è diverso. Sicuramente la meritocrazia c’entra, ma non è il rpoblema, è una conseguenza. Se sic ontinua a parlare di meritocrazia ed il sistema non cambia, sono parloe al vento. Un esempio su tutti: l’età media di chi in USA cambia le cose con un’idea nuova, un processo, un’applicazione… Per l’Italia mica sono tanto positivo… 😦

  2. Dario Ujetto

    In Italia rimarrà una scena inimmaginabile ….ma non c’entra niente l’abito o lo stile.
    Devono cambiare i metodi non i sarti !! (che sono i migliori al mondo, e almeno quelli tutti ce li invidiano ….)

  3. lindalov

    Devono ringraziare anche Giappone e India, i californiani.

    [Come al solito -forse- dico cose che c’entrano poco.
    E’ per il gusto di sentirmi intelligente! :D]

  4. Vincenzo Di Nicola

    Complimenti per l’articolo. Commento con quelle che reputo le tre maggiori differenze Silicon Valley – Italia:

    1) Polo universitario di eccellenza. La Silicon Valley e’ nata con Stanford (vedi la storia di HP, Terman, Shockley) e la capacita’ di attrarre ricercatori con la propensione all’impresa.
    In Italia non esistono universita’ di eccellenza, la ricerca ha ben pochi effetti concreti sul mondo industriale, e lo spirito imprenditoriale e’ scarsissimo tra i giovani.

    2) Finanziamenti. La Silicon Valley vive dei Venture Capitalist, che rischiano ed investono in nuove compagnie.
    In Italia queste figure latitano, ed in loro assenza le banche hanno un approccio conservativo che porta a non investire in questo campo.

    3) Clima. La California e’ soleggiata tutto l’anno (specialmente l’area San Diego – Los Angeles): ricercatori/imprenditori sono prima di tutto persone, ed il clima puo’ essere quell’extra che fa propendere per Stanford/San Francisco anziche’ MIT/Boston.
    In Italia reputo che Napoli e la Sicilia potrebbero avere molto da offire, ma queste potenzialita’ sono bloccate da ben altri problemi.

  5. Nicola Tedeschi

    E’ interessante il commento di vincenzo ma mi sento in dovere dissentire su questa frase:

    “…lo spirito imprenditoriale e’ scarsissimo tra i giovani.”

    Personalmente lo spirito non manca, ma bisogna essere realisti. Le condizioni negli USA rispetto alle condizioni qui in Italia sono differenti. Qui lo stato è una barriera all’entrata per qualsiasi settore e per lo sviluppo di un’idea imprenditoriale. (consiglio la visualizzazione del video di Massarotto sul Tax 2.0, giusto per farsi un’idea)

    Un esempio personale: con due amici abbiamo portato un progetto di sviluppo e valorizzazione del turismo al comune della nostra città (che è uno dei luoghi che può usufruire del potenziale a sua disposizione). L’assessore aveva dato l’ok al progetto (ritenendolo valido) e avremmo potuto usufruire di un finanziamento a fondo perduto derivante dalla regione (quindi non sarebbero stati usati esclusivamente soldi del bilancio comunale). Il consorzio legato al turismo non ha richiesto nessuna comunicazione con noi, ci è stato comunicato che il progetto non era valido e, purtroppo, non si son potute rispettare le tempistiche legate alla possibilità di finanziamento. Nulla di fatto. Pochi giorni fa è uscito un bando di concorso, deliberato dal CdA del consorzio turistico, con il 75% dei punti elaborati secondo il progetto che gli avevamo esposto.

    Tutto questo per dire che qui in Italia è il sistema che deve cambiare e, automaticamente, cambierà l’economia.

    PS: Ora stiamo valutando di sviluppare il progetto individualmente, senza patrocinio, sviluppandoci un business che possa autofinanziare questo progetto e quelli futuri. 🙂 Lo spirito non manca di certo, sono le condizioni limitative (o l’incompetenza che regna…)

  6. fabrizio martire

    bellissimo post e totalemte d’accordo!

    Considererei anche la spinta data dai “giovani” che oggi entrano nelle aziende; spero riescano a cambiare in fretta una “sistematocrazia” ferma da anni, fatta di formalismi e lenti modi di pensare.

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