Qualche settimana fa ho avuto la fortuna di incontrare Tim Berners Lee, la persona che nel 1980 ha inventato il World Wide Web. Non “Internet”, il Web. Internet, come “rete di computer” risale almeno a qualche decennio prima, col progetto Arpanet, della difesa americana. Un progetto che ha “messo in rete” i computer di governi, università e centri di ricerca. Il World Wide Web, invece, è quello che usiamo noi tutti i giorni.
A cosa pensava quando ha pensato sul World Wide Web?
Quando scriviamo http://www… stiamo usando l’invenzione di Tim Berners Lee oggi “Sir” nel 1980 un ricercatore presso il CERN di Ginevra, un “computer scientist” che voleva migliorare la collaborazione con i suoi colleghi. E alla domanda: “cosa voleva fare quando ha iniziato un nuovo progetto e lo ha chiamato World Wide Web (WWW)” Tim risponde così: “Quello che volevo fare era far collaborare le persone. Farle lavorare insieme”.
Uno spazio di collaborazione quindi, questa è la matrice del web, il motivo per cui è stato creato e il problema che ambisce a risolvere. Oggi, ovviamente, il Web è molto più di questo, ma quando navighiamo adesso sappiamo che l’ipertesto (il protocollo di comunicazione Http o WWW che usiamo tutti i giorni) è nato per permettere alla gente di lavorare insieme. Una visione tanto semplice, quanto potente, che vale la pena esplorare più fondo. Alla domanda se ha dei rimpianti, Berners Lee risponde senza esitazione: “avrei voluto uno spazio più facile e intuitivo. Dobbiamo renderlo più intuitivo e accessibile e facilitare la collaborazione.”
Il Web e la società: uno spazio neutrale e di tutti.
Memore di una recente discussione sulle foto profilo facebook con la bandiera francese in occasione degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 e del fatto che lo schierarsi di facebook finisse per posizionare inevitabilmente il popolare Social Network come parte di un blocco occidentale di potere, chiedo a Tim Berners Lee il suo punto di vista sulla ownership della Rete e sulla sua neutralità, non solo in termini di gestione del traffico, ma anche come luogo di confronto e costruzione delle opinioni e di incontro tra i popoli. È una domanda che contiene tante chiavi di lettura e su cui Tim ha diverse risposte.
La Rete può davvero essere neutrale? Tecnicamente sì…
Le posizioni di Berners Lee sulla net neutrality sono note da anni, su tutti i livelli: Tim (Berners Lee) è un convinto sostenitore del principio di neutralità della Rete, che sostiene che “una rete informativa pubblica massimamente utile aspiri a trattare tutti i contenuti, siti, e piattaforme allo stesso modo”. E un tema tecnico, tanto sofisticato, quanto importante che ha risvolti immediati sulla libera concorrenza e sulla capacità di impresa. In sostanza il rischio è che si favoriscano certi contenuti a pagamento piuttosto che altri o si crei concorrenza ritenuta sleale non facendo pagare il traffico su certi contenuti (Es. calcio in streaming senza pagare i dati). Un argomento che sta facendo molto discutere governi e aziende e su cui non ci si è soffermati nel corso di questa intervista e magari sarebbe bello approfondire in futuro.
… politicamente, meno.
Mentre la neutralità tecnica è un tema chiaro e su cui si può intervenire, diverso e più difficile è pensare a uno spazio politicamente o militarmente neutrale. Tim non usa mezze parole: “Non c’ è niente di politicamente neutrale. I Social Network sono dei club. Magari molto grandi, ma sono club con le loro regole e i loro bias.”

Un momento della mia intervista con Tim Berners Lee a Milano nel dicembre 2015.
Sono i governi, secondo Tim Berners Lee, che devono promuovere degli spazi. “Nel web c’è spazio per forme molto diverse…” – prosegue lo scienziato – “…spetta ai governi tutelare la diversità e l’uguaglianza. Possiamo immaginarci uno spazio in cui popoli e culture si incontrino, liberamente, ma sta noi immaginario e realizzarlo.”
Questo dialogo ci lascia con una grande domanda: ma la Rete è un bene pubblico o privato?
Il Web del futuro: egualitario e creativo.
Ricordo a Tim Berners Lee il caso di Cangandì, il piccolo paese di Panama che si è trasferito in collina, perdendo elettricità e fogne, per poter accedere al segnale telefonico e usare il Web per educazione, banking, sanità etc etc. Insieme parliamo di come l’accesso alla rete possa cambiare la società, lui la chiama “decentralizzazione” e la descrive così: “decentralizzare significa garantire a tutti di poter partecipare e quindi massimizzare il valore dell’umanità e della sua creatività. Il principio egualitario, per cui a tutti vanno date le stese opportunità è un principio fondamentale della nostra età.”
Una giornalista a fianco a me gli chiede cosa consiglierebbe ai giovani di oggi. Tim non ha esitazione: “di imparare a programmare e creare cose nuove”. Positivo, ma sempre lucido, l’inventore del Web ne ha chiare le potenzialità e i rischi. Ci parla della sua invenzione come un o a patrimonio dell’uomo, in grado di unire le persone, ma anche esposto a pericoli e minacce e che va quindi conosciuto e protetto. Non ci resta che dirgli: grazie! Per il tempo passato con noi (un vero privilegio sedersi al suo fianco e parlare della rete e della società) e per averci dato uno strumento di libertà, sta a tutti noi, adesso, farlo prosperare. Me sentiamolo dalla sua voce:
Tim testimonial di… TIM.
Tim Berners Lee era in Italia per la produzione della campagna pubblicitaria di TIM che uscirà il 14 gennaio, in occasione del rebranding di Telecom Italia in… TIM. Una scelta forte e coraggiosa, quella del management TIM, dettata dal desiderio di associare il brand di telecomunicazioni ai valori più profondi e importanti della rete e di farlo scegliendo un testimonial poco noto alle masse, anzi divulgandolo. Fa piacere vedere un big spender dell’adv passare dalle modelle a un modello per le generazioni future. Grazie e complimenti agli amici di Telecom Italia, a partire da Carlotta Ventura (grande operazione!) e Stella Romagnoli , Gaetano e Paolo per l’eccezionale occasione e incontro! W Tim!