Si susseguono le voci sulla imminente “chiusura” di Google + legate anche alla uscita da Google del suo capo-progetto Vic Gundotra.
Tech Crunch lo definisce “Walking Dead”: un morto che cammina.
PC Mag lo critica fin dalla nascita e dalla “Imposizione forzata” che Google gli avrebbe dato.
Business Insider pensa che diventerà piattaforma, ma non è un complimento.
Il simpatico Giorgio Taverniti, ricostruisce molti dubbi su queste posizioni
Non devono aver aiutato numeri poco chiari e spesso (troppo?) altisonanti. Stando sul privato, in un paio di anni in cui ho postato sì e no una trentina di contenuti sul mio profilo G+ ho ben 76.369 followers, quasi 4 volte i follower che ho acquisito su Twitter in 7 anni e con migliaia di tweet. Ci deve essere qualche meccanismo che mi ha connesso a oltre 50.000 persone che non conosco e con cui non riesco comunque a dialogare attraverso questa piattaforma. Ma in molti sono perplessi sulla bontà di tutti gli utenti dichiarati, evidenziando tassi di Activity molto bassi.
Di sicuro G+ non ha conquistato i cuori di centinaia di milioni di persone come Facebook o Twitter, ma perché? E davvero è destinato a sparire? Iniziamo cercando di “inquadrarlo” per poter fare delle previsioni e capire se e come impostarci delle strategie.
Cosa è davvero Google +?
Personalmente non ho mai considerato Google+ un Social Network, nella definizione del termine, ma una serie di “feature di ecosistema“. Tutti siamo su Google+ ma non ci siamo mai iscritti davvero, è un social network preterintenzionale, se mi si passa il termine, ci siamo, ma non per nostra volontà. Abbiamo aperto un account Gmail o YouTube e quindi siamo su Google +. Ha tutti i requisiti di un Social Network, salvo l’intenzione di chi ci è (stato) iscritto.
Già nel 2009 (circa un paio di anni prima del lancio di Google +), ho pubblicato su questo blog un post titolato: “Google sta trasformando Internet in un Social Network?“, dato che si potevano già cogliere i segnali della volontà di Google di unire le sue (molte e importanti) properties (mail, video, mappe, search…).
Guardandolo da questo punto di vista capiamo già come Google + nasca con delle chance basse di avere forte interazione degli utenti, ma la potenzialità, invece, di profilare gli utenti e il loro comportamento e di integrarsi in modo potente con mail, video, maps e search.
A chi e a cosa serve?
Si è parlato molto su “a che cosa serve/servirebbe Google+”: C’è chi lo ritiene utile per mappe e mobile, altri (e mi trovano più d’accordo) ne evidenziano (qui si gioca in casa) i benefici SEO e di personal branding, pareri più smaliziati (o maliziosi), infine, ritengono la vera funzione di Google+ sia ottimizzare i ricavi pubblicitari di Google. Brillante e pungente il New York Times che si chiede se “il plus di google plus non sia in realtà per Google“: leggi l’articolo.
Credo che questo punto della funzione sia il punto fondamentale, sia per comprenderne la traiettoria sia per delineare delle strategie di utilizzo.
Se è chiara la funzione di G+ per Google (profilare i nostri gusti, comportamenti e interazioni per mostrarci pubblicità dimore più mirata ed efficace (il main business di Google) qual è, invece, la funzione per l’utente (cioè per noi)?
Difficile rispondere a questa domanda. Sicuramente i benefici SEO ci sono, come ammettono chiaramente Starbucks e The Economist e analizzano altri. Benefici che, però, se riguardano le aziende toccano meno le persone, se non quell’elite attenta e che cura la propria immagine (Personal Branding).
Si parla molto anche di benefici per il local marketing, anche se da un lato sono SEO sulle mappe e dall’altro qui G+ trova concorrenti potenti quali, tra gli altri, Trip Advisor, Booking.com e Yelp.
Un dashboard integrato e arricchito di notifications che ti (in)seguono, per i propri commenti, specialmente per gli heavy users di Youtube, potrebbe essere percepito come un valore aggiunto, ma torniamo al problema di fondo: se non è il tuo social network di elezione (quello dove ti iscrivi per relazionarti con il tuo social graph) le interazioni, i commenti, i like che contano saranno altrove.
Personalmente trovo (anche se migliorabili nel setup) uno strumento utile e con del potenziale gli Hangout, anche se sovrano correre molto per combattere contro Skype e i servizi di meeting e webinar, tecnologicamente molto più evoluti.
Insomma i vantaggi sembrano essere, in questa fase, più per Google che per gli utenti. Una considerazione importante, che ci fa pensare che Google continuerà a investirci, forse nella direzione della piattaforma/ecosistema più che in quella di Social networking. E che ci indica anche la via per chi vuole investirci in attività di comunicazione. Già agli albori di questo processo di integrazione, su questo blog ci dicevamo:
– il “territorio” è molto più ampio del social network del momento: va benissimo usare facebook che consente alcune forme di interazione molto interessanti coi propri consumatori, ma è saggio non mettere tutte le “eggs in the same basket”. Una strategia di relazioni online deve saper integrare spazi e strumenti diversi tra di loro e continuare a rispettare i motori di ricerca, che sono ancora la fonte naturale di ricerca di informazioni su prodotti e servizi.
– il web è fatto di flussi, di updates, di contenuti che devono viaggiare molto velocemente e interconnettersi tra di loro in ogni modo possibile. Quando un’azienda progetta una presenza web dovrebbe “abilitare” questi flussi il più possibile e evitare “impalcature” troppo rigide e pesanti.
Passati 5 anni Google+ non è di sicuro la risposta confezionata, ma questi due principi valgono ancora. Forse dobbiamo smettere di chiederci “cosa fare con Google+” e capire, invece, che è l’ecosistema Google quello da inserire nelle proprie strategie digitali.
Nel disegnare la propria Digital Strategy (ha davvero ancora senso parlare di Social media Strategy, SEO Strategy come fossero cose separate?) possiamo e dobbiamo capire che ogni servizio ha una funzione (e viceversa, ogni funzione/necessità si può risolvere in ambiti diversi). Come riconosciamo a Twitter una centralità nella distribuzione delle notizie e nella formazione delle opinioni e come riconosciamo a facebook una inarrivabile capacità di dialogo diretto col mercato, così a Google riconosciamo la capacità di profilazione (SEO/SEM) il quasi dominio sul mondo video (YouTube) e una posizione di grande preminenza sul local (Maps) e sul mobile. Guardando le cose così Google+ al tempo stesso perde di importanza (sono i major services di Google che ci interessano) e acquisisce un po’ di senso: ci consente di gestire in sincronia i suddetti servizi.
Dove e come può e deve crescere Google(+) e non solo lui, ma anche gli altri giganti: consolidando il mobile, valorizzando l’e-commerce e le conversioni, integrando gli analytics (e qui G+ aiuta Google e quindi anche noi!) e aiutando l’engagement, tasto dolente un po’ di tutti.
Niente di nuovo insomma, anche se sparirà il “+”, anzi forse ci aiuterà a guardare con più chiarezza al mondo Google e a ragionare su come i nuovi, social digital media possano aiutare il business nostro o dei nostri clienti. Questa è la vera sfida sia per le web companies che per le web agencies.
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