Archivi tag: brands

Un paese senza marche?

Qualcuno mi sa fare il nome di un brand cinese? Questo secondo me è un problema, una situazione che deve cambiare. Il commercio estero della Cina deve rapidamente qualificarsi con prodotti di qualità e aree di specializzazione, altrimenti ci ritroviamo con una superpotenza che esporta pompe idrauliche falsificate e chincaglierie. Ma perché questo possa cambiare occorre che non cambi solo la Cina, ma anche chi ci viene e ci fa affari. Probabilmente dobbiamo cambiare anche noi e “pretendere” dalla Cina più qualità.

La marca “China”.

La percezione della Cina è molto peggiore di quello che è il paese reale. Insomma non solo la Cina è un paese senza brand nel senso che non conosciamo marche cinesi nel mondo occidentale, ma anche la “marca” Cina non ha una grande reputazione dalle nostre parti. Nel sentire comune Cina è sinonimo di molte cose, tutte poco positive. Una cinesata è una cosa un po’ losca, le cineserie non sono cose per cui siamo disposti a pagare molto, il cinese non è di sicuro il personaggio che brilla di più per immagine, si manda qualcuno in Cina non certo per fargli un favore. La lista potrebbe essere lunga, ma i valori associati alla Cina nella cultura occidentale sono di basso livello (almeno in quella italiana, sarebbe interessante sapere come è vista negli altri paesi europei).

Continua a leggere

Followers strategy. Perché le persone “seguono” le marche su Internet.

Un’interessante ricerca di E-Marketer dal titolo What Social Followers Want indaga sulle motivazioni per cui le persone seguono le marche su Internet. Il dato significativo, come sottolinea anche lo stesso E-Marketer, è che i Max Connectors (persone con più di 500 amici sui Social Network e veri snodi cruciali in una strategia di marketing digitale) dimostrano maggior interesse per novità, prodotti e dialogo con l’azienda rispetto alle “special offers”. L’utente medio, al contrario, si dimostra più interessato a offerte speciali, sconti e promozioni. Ecco l’embrione di una strategia di engagement: usare i Top Connectors per diffondere il proprio messaggio di marketing, ottimizzare la reputazione e massimizzare la visibilità di nuovi prodotti/servizi, mentre si consolidano gli utenti basic con promo e offerte.

E per le marche, quale conversazione?

Verso quale conversazione stiamo andando? Una conversazione collaborativa o una conversazione competitiva? Se lo chiede Luca De Biase in lungo interessantisimo post (qui), introducendo una distinzione che secondo me durerà a lungo.

Nel post di Luca l’attenzione al tema è tutta politica e sociologica. C’è una conversazione collaborativa che è quella che è stata abilitata, resa possibile da Internet, fatta dalle persone e costituita da milioni di microconversazioni distribuite geograficamente e per interesse. Luca individua poi una forma (deviata, deviante, diversa?) di fare conversazione in rete che definisce conversazione competitiva, quella di chi approccia la discussione sul web come una tribuna politica, dove lo scopo non è co-creare qualcosa, ma convincere l’altro (gli altri). O quanto meno disturbare il “competitor”, il concorrente, il rivale politico, etnico, religioso, economico o il rivale nella conversazione in genere. Appare subito chiaro come dietro questi due approcci alla conversazione ci siano due modelli di pensiero, due visioni del mondo, quasi. Il dibattito, molto collaborativo, è già partito di domenica pomeriggio sul blog di Luca e vi lascio a quello per tutti gli aspetti sociali e politici.

Mi aggancio al discorso solo per proporre la variante marketing di questa distinzione, e provare un esperimento collaborativo. Proviamo a immaginare queste due tipologie di approcio alla conversazione per un brand, per una marca. La marca è abituata per definizione alla competizione, in qualunque stanza di marketing si parla di concorrenza, competitors etc etc. Verrebbe da pensare come naturale che un brand avvii delle conversazioni competitive sul web, cercando di dimostrare la sua superiorità. Ma nelle stanze del marketing si vive moltissimo anche di collaborazione: ricerche di mercato, R&D, test di prodotto. A pensarci bene a una marca dovrebbe venire altrettanto naturale avviare delle conversazioni collaborative.

Di primo acchito verrebbe da pensare che dato che il web è fortemente sociale, sia meglio per i brand tirar fuori il loro lato collaborativo. Il fatto è che il web è anche fortemente competitivo (basti pensare a ranking, traffico, aste di keywords) e quindi una marca dovrà giustamente difendersi in un territorio di competizione.

E quando sul web ci saranno marche concorrenti? Due produttori di pasta o di vino o di auto: cosa succederà quando due marche concorrenti si incontreranno nella stessa conversazione? Competeranno o collaboreranno? Avvieranno un dibattito da tribuna o una conversazione aperta?

Altra cosa: chi regolerà queste fattispecie? Come per la pubblicità arriveremo alla conversazione occulta, la conversazione sleale e la conversazione ingannevole?

Il punto è molto teorico, ma può offrire degli spunti a mio avviso interessanti. Domani a Venice Sessions se riesco provo a chiederlo a Martin Sorrell, vediamo che dice… Tornando a noi, quasi certamente la risposta è un po’ di tutte e due, allora proviamo a elencarne casi o forme. Inserite nei commenti un caso vero o teorico di conversazione collaborativa oppure competitiva per un brand? Cosa può fare una marca di collaborativo sul web? E di competitivo?