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I Digital Natives: ci interessano perché sono giovani o perché sono bravi?
Si parla molto in queste settimane di Nativi Digitali*, è un termine curioso perché se ne parli con un ragazzo tra i 15 e i 20 anni (cioè uno che con le tecnologie digitali ci è nato) ovviamente non ci si riconosce! Per un ventenne è la normalità, il mondo è fatto così, è digitale. Sono gli analogici o i Digital Immigrants (quelli nati col VHS per capirci…) che devono definire una categoria che presto, per dirla con Nicola Greco, sarà la norma: “saremo tutti Digital Natives tra pochissimo“. È un fatto anagrafico.
È normale che in un periodo di transizione la new breed incuriosica e attragga. Considerando poi che più sei digital più sei social e tendi a essere visibile, interconnesso si capisce come i Digital Natives (o meglio coloro che vengono definiti tali) siano sempre più al centro del dibattito. (Riccardo Luna ci dedica il prossimo Numero di WIRED).
Ieri a Roma, durante il terzo incontro del ciclo Capitale Digitale, si è svolto un interessante confronto tra:
Nicola Greco, 16 anni (scheda) / Salvatore Aranzulla, 19 anni (scheda) / Marco De Rossi 19 anni (scheda) / Jessica Brando, 14 anni (scheda) / Valerio Masotti 22 anni (scheda) / Andrea Lo Pumo 22 anni (scheda) / Daniel Brusilovsky 16 anni (scheda)
Ascoltarli sotto la statua di Marco Aurelio è stata sicuramente una ventata di freschezza in un paese governato da ultrasettantenni resistenti all’innovazione. La domanda che mi gira in testa da alcune settimane però è sempre la stessa.
Li ascoltiamo con interesse perché hanno 15 anni o per le cose che dicono? Ci colpiscono perché dicono le stesse cose che diciamo noi, ma hanno “solo” 15 anni o perché dicono oggettivamente cose nuove?
È facile cadere nel tranello di provare stupore per sentir dire a una persona tanto giovane le stesse cose che magari dicono operatori del settore noti e navigati. Non sto certo dicendo che i partecipanti di ieri siano dei semplici ripetitori, anzi: alcuni di loro sono imprenditori innovativi, altri blogger stimati a livello internazionale etc etc. Ma quanto incide il fattore età? Se Nicola greco fosse un 35enne lo ascolteremmo con la stessa attenzione? (a scanso di equivoci prendo proprio Nicola come esempio di incidenza del fattore età, perché lui sa quanto io lo stimi per il suo lavoro di sviluppatore. Lui stesso non gradisce troppo l’attenzione in quanto sedicenne, ma la vorrebbe in quanto developer).
Basta avere meno di 18 anni e un blog con un certo successo per essere un modello o tutta questa attenzione è in realtà disperazione di chi cerca una risposta?
Durante l’ultima Venice Session ricordo Martin Sorrell chiedere con un’insistenza fuori dal comune a Nicola Greco: “Which form of advertising would you rather receive?” Se da un lato fa onore al grande capo di WPP essere “così sul pezzo”, dall’altro fa paura sapere che non hanno la risposta e vedere il CEO del più grosso gruppo di comunicazione al mondo chiederla a un ragazzino. Sono i tempi che cambiano.
Io credo che in Italia scontiamo un po’ di sensi di colpa per essere un paese storicamente troppo protettivo verso la terza età come classe dirigente. Un paese dove a 40 anni sei un giovane politico o un giovane manager suona ridicolo a livello internazionale. Per cui dobbiamo creare la categoria dei supergiovani, per stabilire che loro non sono ancora pronti a prendere le redini e di conseguenza chi le ha non è ancora tempo che le molli…
Bravo quindi a chi tira fuori l’argomento e lo propone in Campidoglio e in rete.
Il mio native preferito di ieri? Daniel Brusilovsky. Uno che a 16 anni alla domanda “Quanto guadagni?” Risponde serafico: “All’ora o all’anno?” Uno che di euro ne fa 30/40.00 all’anno alla sua età. Uno che scrive su TechCrunch e fa il consulente e l’imprenditore. (Bio).
Senza nulla togliere a Andrea, Salvatore, Nicola e agli altri casi brillanti di ieri, Daniel ha attorno a sè (è nato in Silicon Valey) un ecosistema che valorizza il talento. Voi no. O almeno non ancora. Magari gli incontri come quello di ieri sono il presupposto perché questo ecosistema si sviluppi.
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*=Nativo digitale (dalla lingua inglese digital native) è una espressione che viene applicata ad una persona che è cresciuta con le tecnologie digitali come i computer, Internet,telefoni cellulari e MP3. [ http://it.wikipedia.org/wiki/Nativo_digitale ]Bienvenidos à la Revolution?
Socialnomics ha realizzato un video molto accattivante che presenta le vertiginose statistiche di penetrazione dei Social Media e il loro “potenziale” effetto sul marketing, sulla società, sull’informazione. Il filmato ha il “passo” di un’epopea, di un cavalcata con sottofondo di Fatboy Slim (lo saprà?:-)) invece che di Wagner. Quel che è certo è che, anche smorzando tutti i sensazionalismi, le cifre, la tendenza, la deriva verso un mondo con un equilibrio molto diverso da quello del millennio scorso pare chiara e inarrestabile.
Quando la nostra Capitale diventerà Digitale…
Il tema delle città e della Rete mi è molto caro, basta rileggere gli ultimi post di quest’anno su Venezia (che si è dotata di un sistema Wi-Fi pubblico). La settimana scorsa per lavoro sono stato a Roma a seguire un evento organizzato da Telecom Italia, si trattava del primo di una serie di incontri destinati a aprire uno spazio di confronto sulla cultura digitale e l’innovazione che la banda larga può portare nel nostro paese.
Mi spiego in parole povere: provate a immaginare una città completamente connessa, con la banda larga in ogni quartiere, magari con una rete pubblica, con reti wi-fi e connessioni mobili facilissime, grazie a telefoni sempre più smart. Quante possibilità di interazione sociale, di fruizione di servizi, di creazione d’impresa ci riserva una città fatta così? Più di quelle a cui riusciamo a pensare ora, di sicuro.
Diventa quindi fondamentale che allo sviluppo dell’infrastruttura tecnologica si accompagni uno sviluppo della cultura digitale, della cultura di rete. Per mettere tutti (il più rapidamente possibile) in condizione di godere dell’enorme potenzialità della Rete e soprattutto di sfruttarlo creativamente.
A breve arriverà a Roma Joi Ito per parlare di Creative Commons a uno dei prossimi incontri di Capitale Digitale. Ho avuto la fortuna di seguire una conferenza di Joi Ito a Milano a Meet The Media Guru e vi assicuro che è imperdibile: qui la cronaca dell’evento milanese. Dopo Joi arriverà un altro ospite straordinario che non posso ancora comunicare. Quello che mi auguro è di veder crescere, non solo a questi incontri e non solo a Roma, la partecipazione delle persone e lo spazio lasciato loro da chi li organizza. Joi Ito e gli altri protagonisti sono dei fari che devono illuminare la nostra strada, ma la strada la dobbiamo percorrere noi.
QUANDO la nostra capitale e il nostro paese diventeranno digitali non è ancora dato saperlo. Gli investimenti pubblici non ci sono mai stati, le opere sono complesse, il cambiamento culturale è epocale. Viviamo probabilmente in una grandissima e millenaria transizione: sarebbe bello vederne il pieno compimento.
Qui sotto, per chiudere, Franco Bernabè (AD di Telecom Italia) intervistato durante Capitale Digitale da Alessio Jacona ci parla di “emancipazione delle periferie grazie allo sviluppo tecnologico”.
Il filosofo, il computer e la scrittura…
Maurizio Ferraris ci racconta come l’avanzare della tecnologia porti a un prepotente ritorno della scrittura, anziché al suo declino. Sembrerà una banalità, ma il filosofo torinese conduce una presentazione brillante e con risvolti inediti: in particolare il concetto che “nulla di sociale esiste fuori del testo”, concetto cruciale per chi si occupa di Social Media.
Affascinante anche l’excursus sull’impatto della tecnologia (e del telefonino) nelle relazioni sociali. Credo Ferraris abbia saputo cogliere una sintesi che sa parlare ai tecnologi, agli umanisti, ai massmediologi, ai filosofi: insomma agli uomini.
Nel finale Ferraris analizza il ruolo della parola scritta nella globalizzazione: un’esplosione di documentalità, per dirla con Ferraris. Su una cosa sola non sono molto d’accordo: nel nostro ufficio c’è davvero pochissima carta! 🙂
Vi consiglio di dedicare 7 minuti ad ascoltare la presentazione del professor Ferraris.
[via Venice Sessions]
[Il Mondo] Su Internet non serve essere “maghetti”: bastano impegno e passione.
Grazie a Chiara Brusini per avermi inserito in un articolo su Il Mondo in edicola questa settimana che parla delle professioni del web. Oltre a me nell’articolo vengono intervistati clienti e colleghi: Stefano Stravato di FIAT, Mauro Lupi, Nereo Sciutto, Miriam Bertoli, Marco Loguercio, Andrea Andreutti. Professionisti che si occupano di Internet presso grandi aziende, o che hanno aperto nuove strutture e hanno creato posti di lavoro. Forse è questa cosa che ha fatto pensare al titolista che siamo dei maghetti: aver creato dei posti di lavoro in un difficile periodo di crisi.
L’articolo, infatti, si intitola: “Tornano i maghetti del web”.
In realtà posso assicurarvi, come sottolineano anche Mauro e Nereo, che non si tratta di magia, di trucchi o cose simili, ma di duro lavoro quotidiano e passione per quello che facciamo. Ogni tanto io aggiungo anche una sostanza calda e fumante che esce da strani marchingegni rumorosi: caffè.
Nessuna polemica, infatti “Mark Potter” vuole sdrammatizzare: sono sicuro le intenzioni erano le migliori e l’articolo racconta bene come Internet stia aprendo nuovi settori professionali, ma visto che c’è un gran bisogno di evangelizzare e produrre cultura di rete nel paese, l’idea che su Internet occorra essere dei maghetti rischia di non essere molto educativa.
P.S.: Se qualcuno non lo trova ho il pdf dell’articolo inviatomi dall’ufficio stampa di un cliente, ve lo mando via mail.
P.P.S.: Il font di Harry Potter lo trovate qui.

P.P.P.S.: I credits della mia foto usata nell’articolo sono su SketchIn
Venezia Caput Network
Noi veneti abbiamo un senso di nostalgia sopito che si risveglia ogni volta che la cadensa veneta viene a farsi risentire alle nostre orecchie. Cosi ascoltare Michele Vianello, vicesindaco di Venezia, parlare di lavoro nomade, Internet come abilitatore sociale, città cablate e WiFizzate con in più la chicca di un’intonazione lagunare è stato davvero piacevole. Era uno dei tanti aperiblogger con cui ormai si lancia qualcosa sulla rete, artefice stavolta Cisco (fornitore hardware del progetto e quindi ovviamente entusiasta sponsor della sua visibilità, ma anche intelligente produttore di cultura e fattività digitale come volano di business) e quindi Lele.
Ero stato, mesi fa, a un incontro con l’amministratore delegato di una grande azienda, che voleva aprire un dialogo con i blogger quasi fossimo una categoria sociale, ma dopo averci detto “ci risentiamo online” non ha mai risposto a un mio post che citava un suo punto di vista. Li organizziamo anche noi questi incontri a volte, ma raramente: hanno senso solo quando sono davvero sinceri e di lungo periodo. Vianello è davvero sincero, entusiasta e fatemi dire progressista, fa progresso. E a Venezia poi, doppiamente difficile.
Ecco le cifre del progetto (il power point nella chiavetta che ci han dato non funziona su mac, sorry, non posso condividerlo):
– 7 milioni di euro di investimento
– il centro storico di Venezia cablato con fibra proprietaria del comune (su cui poter erogare servizi, anche a pagamento ai 21 milioni di turisti annui che passano per la laguna: fate due conti e immaginate le possibilità di rientro a breve)
– 600 e rotti hotspot wifi
– arredo urbano destinato a cambiare per favorire la “dematerializzazione del lavoro”(parole del vicesindaco)
Perché proprio da quella che sembra la città più statica d’Italia stanno partendo alcune delle iniziative web più dinamiche o perché Venezia sembra essere per tutti la città di Internet in questo anno?
LINKS
Venice Conected: il portale di prenotazioni turistiche
MacWorld (WOW) sullo stesso aperitivo dove ero io
Roberto Scano, al riguardo
Buone cause… (come sceglierle su Internet)
Oggi ho messo un po’ di ordine nella Cause che sostengo su Facebook. Attualmente aderisco a 4 cause, ma mi ripropongo di usare di più questo straordinario strumento e ampliare lo spettro di cause che sostengo, facendolo però in modo oculato. Le cause a cui ho preso parte ad oggi sono:
Creative Commons, una importante iniziativa (firmata Harvard:-) ) sul diritto d’autore
Starbucks in Italy, un mezzo scherzo, non so nemmeno bene chi la gestisca, ma non si può essere troppo seri e adoro il caffè di Starbucks
NESSUN SITO – CAUSA SU FACEBOOK
Terre Des Hommes – Obiettivo Scuola (Disclaimer: è un’iniziativa della mia agenzia)
La Causa contro l’art 50 bis (il C.D. Decreto antifacebook di cui si parla in questi giorni) creata da Gigi Tagliapietra
Proprio quest’ultima causa (se volete approfondire il decreto vi rimando all’ottimo e dettagliatissimo post di Stefano Quintarelli) mi ha fatto riflettere sia sulla potenza dello strumento “Causes” su un network così largo e attivo come quello di facebook, sia sull’importanza che, secondo me, andrebbe data alla scelta di tali cause e in generale alle proprie affiliazioni sul web.
Un criterio semplice e efficace per individuare una “buona causa” su facebook è guardare chi sono gli amministratori. Per esempio la causa “Creative Commons” è stata “aperta” da qualcuno che con Creative Commons non c’entra ma ha ora tra gli “amministratori” della causa stessa Melissa Reeder che fa parte del board di Creative Commons, motivo per me sufficiente per ritenere che quella causa vada nella direzione giusta. Ne ho eliminate altre, di cause, che erano gestite da persone estranee a quelle organizzazioni o istituzioni che dicevano di sostenere. Insomma con un minimo di attenzione si può essere sicuri di aiutare davvero chi si vuole aiutare.
Questo criterio di selezione è facilmente estensibile a molte delle vostre attività su Internet, se ci pensate bene. “Chi c’è dietro?” è una domanda semplice da porsi, e spesso a cui è semplice dare risposta e che consente di selezionare meglio le proprie fonti, attività, amicizie online.
Digital Film-maker: il libro di un collaboratore e amico
Angelo collabora con me da un bel po’ ormai, ed è un partner professionale, attento, puntuale (a parte quella volta che abbiamo perso un treno all’alba e siamo corsi a Torino in auto, ma capita a tutti, io ne ho fatte anche di peggio, e poi alla fine tutto è andato bene e ci siamo divertiti quel giorno).
Domani presenta il suo libro FILMMAKER DIGITALE, di una cui copia ho avuto omaggio nei giorni scorsi. E’ un libro intelligente, ben fatto, di un editore importante e che credo possa essere utile a molti in questa società dell’immagine digitale, dei video su internet etc etc. Quindi, domani 27 novembre 2008 Piazza Oberdan ore 18 andate e comprate il libro, oppure prendetelo online qui.
Un presidente di 47 anni
Secondo me il vero cambiamento è il fatto che Barack Obama sia giovane, non tanto che sia di colore. A sentir parlare lui e McCain son proprio due lingue diverse, due epoche diverse, due millenni diversi.
Naturale dire che Obama è il candidato di Internet, Internet è il mezzo di Obama. Naturale che siano le prime elezioni dove il web conta più della carta stampata e forse le ultime dove la TV conta di più (Leggete qui il post di Pratellesi). *= OMG è internet slang per “Oh my God” , espressione di stupore e meraviglia. Qui disegnato con la grafica della O della campagna di Obama: solo con lui poteva aver senso questa immagine che sta facendo il giro del mondo.








