Politica senza classe

In Veneto siamo in piena campagna elettorale. Basta girare per le strade e si vedono candidati (inclusi funzionari eletti al giro precedente) su ogni muro, appesi coi loro cartelloni elettorali. Non ci saranno solo le elezioni europee, ma anche molti Comuni (e la Regione tra non molto) andranno ai seggi.

Infiniti anche gli aperitivi (siamo pur sempre nella terra del Prosecco) e gli incontri, discorsi, comizi in piazze, aziende, associazioni. E fin qui tutto bene. Peccato che la campagna elettorale e i comizi inizino a sconfinare anche nelle scuole e nelle classi, incluse le scuole elementari. Mio figlio frequenta la 2 elementare di una piccola scuola di Bassano del Grappa, dove avrà presumibilmente il seggio l’assessora regionale all’istruzione Elena Donazzan.

L’assessora, mai vista in tanti anni, trova all’improvviso irresistibile una banale attività diffusa ovunque di “settimana senza zaino” e nel pieno della sua campagna elettorale trova il tempo di finalmente visitare questa piccola scuola per “studiare questa iniziativa” (conclusa ormai da settimane). Qualunque scusa è buona per farsi una capatina e mettersi in vista con molti genitori influenti i cui figli vanno a scuola qui e per crearsi un bel set fotografico per il suo account Instagram personale.

Così, un bel mattino, senza nessun preavviso Donazzan irrompe nelle classi dei nostri bambini, riverita dai saluti delle insegnanti (è pur sempre la loro superiore in grado) fa il suo sermone ai bambini, trascinandosi dietro un consigliere provinciale e lo staff che la immortala in molti scatti magistrali.

Pochi minuti dopo sul profilo Instagram personale di Donazzan viene pubblicato un lungo racconto dell’Assessora circondata da bambini inconsapevoli e maestre/i necessariamente sorridenti visto il ruolo che ricopre.

Alcune delle giustificazioni o spiegazioni di genitori, maestri/e e altri emerse nella discussione di questi giorni.

È una normale visita dell’Assessora all’istruzione a una scuola”….
Sì, e mia nonna aveva le ali. Sotto campagna nel proprio seggio in giornate in cui si contano 10, 15 incontri elettorali… come no… Una visita senza scopo, fugace entro, faccio la foto e me ne vado. Scomparendo fino alle prossime elezioni.

“La scuola così si fa una bella pubblicità…”
In che senso? È una scuola piccolissima, con più richieste che capacità, con ottima reputazione, di che pubblicità ha bisogno e a chi giova? All’assessora sicuro, a maestre/i non penso, ai bambini…?

“I bambini avevano il viso coperto…”
E ci mancherebbe altro, ma questo non toglie che si stiano usando a insaputa loro e dei genitori classi intere per trasformarle in platea per la comunicazione politica. Un fatto, a mio avviso, gravissimo, in cui senza avviso e senza possibilità di scelta i/le nostri/e figli/e e le loro classi sono trasformati in set fotografico per la politica e una intera scuola, gli scolari e le famiglie vengono pubblicamente esposte come teatrino politico.

“A inizio anno è stata firmata una liberatoria per le foto…”
Sì, per l’uso di foto per la scuola, non per la politica o politico di turno da usare sui suoi canali privati…

“Insomma è una visita di una assessora in una scuola e si è fatta una foto, è così grave…?”
No e SÌ. Un funzionario deve occuparsi dello sviluppo delle scuole, se vi è necessità visitarle, magari in orario di chiusura, non vi è motivo per fare passerelle in classe e esporre i bambini alla politica e alla campagna elettorale. Di sentire docenti presentare acriticamente l’assessore o il funzionario di turno. Di venir sfruttati come platea nella comunicazione elettorale del/la candidato/a. Il tutto senza preavviso e senza permesso.

Insomma c’è un confine, anche per i/e cosiddette “potenti”. Siamo in una Repubblica e la scuola è laica e apolitica. Personalmente (e non sono l’unico dei genitori, anche se molti/e magari preferiscono non esporsi) trovo in questo episodio tre gravissime mancanze nei confronti dei genitori e soprattutto dei bambini.


1) Il superare un confine, il mancare di rispetto verso la scuola come istituzione e i suoi alunni come minorenni e utilizzandola a proprio piacimento e come fosse un bene privato per i propri o altrui fini elettorali. La politica deve stare fuori dalle aule scolastiche.

2) L’assenza totale di informazione, come genitore pretendo di essere informato se un politico entra in classe di mio figlio, a celebrarsi e/o farsi celebrare, indipendentemente dal partito di appartenenza o dalla carica che ricopre in quel momento. Pretendo di essere informato prima per decidere se far partecipare mio figlio a quell’evento politico o meno e per prepararlo adeguatamente a comprendere ciò che accade e poterne parlare a casa senza venir colti “di sorpresa”.

3) L’uso dell’immagine dei bambini. Terza e gravissima violazione dell’individuo, l’arrogarsi la libertà di fotografarsi o lasciar fotografare un politico con la classe, senza alcuna richiesta di permesso come solitamente avviene ed è avvenuto quando sono venute in visita aziende, con debito preavviso e opportunità di decidere se far partecipare i bambino o meno.

Come ho scritto nel commento alla foto di cui sopra: “Sarebbe meglio andare nelle piazze e non nelle classi di scuola elementare a fare campagna elettorale e nessuno mi pare l’ha autorizzata a fotografarsi con i nostri bambini e pubblicare le foto sui suoi canali personali.”

Insomma la politica è servizio, non potere. Risposta alla collettività, non richiesta o presunzione scontata di disponibilità del pubblico. Rispetto del cittadino, massimamente del minore e di maestre/i e non gerarchia.

Vogliamo una politica senza classe, insomma, non la classe intesa come stile (averne, quella non guasterebbe certo), ma senza classe scolastica coem “set” e in cui a scuola si insegna e non si fanno comizi o video/foto di campagna elettorale.

Nascere in montagna

(🇬🇧 english below) Quando un bimbo nasce in montagna succedono tante cose.

h22:15 le prime contrazioni.

h22:40 in Jeep e si parte! Prima che arrivi la nonna: la strada è lunga e Francesca, la vicina, veglia su Shun, il fratello grande che dorme già.

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h23:00 l’ospedale dista 1h10′ bisogna scavalcare un passo e attraversare un enorme bosco in una notte di luna nuova. Mentre guidi i minuti delle contrazioni si mescolano a quelli del navigatore. Tra una (contrazione) e l’altra capita che un cervo lampeggi i suoi occhi dal bordo del bosco e incroci quelli di tua moglie.

h23:30 dopo il cervo si incontra la gazzella, ma quella dei carabinieri a cu isfrecci davanti in centro abitato sfoggiando il tuo lampeggiante arancione, convinto che questa sera puoi e che se ti fermano non ti dicono nulla (forse). Son soddisfazioni.

h23:48 arrivo all’ospedale di Brunico. Travaso di Yoko sulla sedia a rotelle.

h00:22 nasce il piccolo drago, Ryu (龍).

h02.30 ritorno a casa (Le “covid rules” non consentono di stare in ospedale al papà), capita anche che sulla strada del rientro, come due fratellini, una grande e una piccola, due lepri ti attraversino i fari correndo nel prato. Per fortuna non le ho tirate sotto.

h 07:00 la mattina dopo nevica, a fine marzo.

Japanese Dragons spit water instead of fire (to protect wooden shrines). Welcome to our son Ryu (龍 ithe dragon) born on march 31st on a new moon night bearer of a spring snowfall.

I draghi giapponesi sputano acqua invece del fuoco (per proteggere i santuari di legno). Benvenuto a nostro figlio Ryu (龍 il drago) nato il 31 marzo in una notte di luna nuova che ha portato una nevicata primaverile.

🇬🇧 BORN IN THE ALPS

When a child is born in the mountains, many things happen.

h22:15 the first contractions.

h22:40 in the Jeep and off we go! Before grandmother arrives: the road is long and Francesca, our neighbour watches over Shun, the big brother who is already sleeping.

h23:00 the hospital is 1h10’ drive and you have to climb over a pass and cross a large larch forest on a new moon night. As you drive, the minutes of contractions mix with those of the navigator. Between one (contraction) and the next, it happens that a deer blinks its eyes from the edge of the woods and crosses those of your wife.

h23:30 after the deer you meet the “gazelle” (that’s how we call the “carabinieri”’s patrol car) and  you pass in front of them in a city center showing off your orange flashing light, sure that tonight you can and that if they stop you they won’t tell you anything (maybe). What a pride.

h23:48 arrival at the hospital in Brunico. Transfer of Yoko into a wheelchair.

h00:22 the “little dragon” is born, Ryu (龍).

h02:30 return home (the “covid rules” do not allow dads to stay in the hospital), it also happens that on the way back, like two brothers, one big and one small, two hares cross your headlights running in the meadow. Luckily I didn’t pull them under.

07:00 the next morning it snows, at the end of March.

Il bimbo e il Bitto (The boy and the Bitto)

English below after the photo gallery 🇬🇧
Il bimbo e il Bitto. Una storia di maturazione, di ribelli, di sapore della vita.

Una storia che inizia nell’autunno 2016. Quando alla clinica Mangiagalli di Milano nasce nostro figlio Shun e al Centro del Bitto Storico (Presidio Slow Food) di Gerola Alta nasce una forma di Storico Ribelle. La forma che vedrete tra poco e che, alcuni di voi hanno assaggiato o assaggeranno. Due anni dopo, durante una gita in Valtellina, visitiamo il Centro e apprendiamo la magnifica storia dello Storico Ribelle, un ribelle non contro, ma a favore delle tradizioni. Contro lo sfruttamento commerciale. Un formaggio “storico”, che ha aperto vie commerciali e scritto la storia delle Valli che è dovuto diventare Ribelle per non cambiare, per restare se stesso. Che lezione affascinante per noi e per il piccolo Shun!

E poi un formaggio che si presta all’affinamento, sino a 5 anni, cosa rarissima per i formaggi. Un’altra lezione, le cose buone si ottengono col tempo. Aspettando. Detto, fatto. Acquistiamo una intera forma (16kg), grande e pesante il doppio di Shun. Costosa, ma quintuplicherà il suo valore quando avrà 5 anni. Diventerà preziosa. Ci dipingiamo sopra, con l’inchiostro di mirtillo, il nome di Shun in italiano e in giapponese e qualche bel disegno. E torniamo a casa. Con un certificato di nascita di una storia, questa storia. Ci rivediamo al quinto anno!

Siamo al 2021. Ora. Shun vive a Cortina d’Ampezzo e compie 5 anni e così li “compie” la nostra forma, che ha riposato ed è cresciuta accudita dai suoi casari, a Gerola Alta, in un’altra montagna. Quale “torta” migliore da tagliare che questa forma. sorella, cresciuta a distanza, ma coetanea e “parte della famiglia” con i nostri segni e disegni. Ce la spediscono e il giorno del compleanno di Shun diamo luogo al rito della spaccatura della forma e del taglio. Confezioniamo 45 pezzi di Bitto Storico Ribelle, lo etichettiamo con un QR code che porta a questa pagina e abbiamo pronti dei regali di Natale davvero speciali. La lezione dello Storico Ribelle non vale solo per noi e per Shun, potete leggerla e gustarla pure voi.

🇬🇧 The boy and the Bitto. A story about maturation, about rebels and about the flavor of life.

A story that begins in autumn 2016. When our son Shun was born at the Mangiagalli clinic in Milan and at the Centro del Bitto Storico (Slow Food Presidium) of Gerola Alta a form of “Storico Ribelle” is born. The shape that you will see shortly and that some of you have tasted or will taste. Two years later, during a trip to Valtellina, we visited the Center and learn the magnificent history of the Storico Ribelle, a rebel not against, but in favor of traditions. Against commercial exploitation. A “historical” cheese , which opened trade routes and wrote the history of the Valleys which had to become a Rebel in order not to change, to remain itself . What a fascinating lesson for us and for little Shun!

And then a cheese that lends itself to aging , up to 5 years, which is very rare for cheeses. Another lesson, good things come over time. Waiting for them. No sooner said than done. We buy a whole wheel (16kg), twice as big and heavy as Shun. Expensive, but it will quintuple its value by the time he’s 5 years old. It will become valuable. We paint over it, with blueberry ink, the name of Shun in Italian and in Japanese and some beautiful drawings. And we go back home. With a birth certificate of a story, this story. See you in five years!

We are in 2021. Now. Shun lives in Cortina d’Ampezzo and turns 5 and so does our form, which rested and grew up looked after by his dairymen, in Gerola Alta, in another mountain. What better “cake” to cut than this sister-shape, raised at a distance, but of the same age and “part of the family” with our signs and drawings. They send it to us and on Shun’s birthday we give rise to the ritual of breaking the shape and cutting it. We pack 45 pieces of Bitto Storico Ribelle, we label it with a QR code that leads to this page and we have some really special Christmas gifts ready. The lesson of the Historian Rebel is not only valid for us and for Shun, you can read it and enjoy it too.

45 pezzi di Storico Ribelle 2016 sono stati tagliati e preparati sottovuoto e etichettati per i regali di Natale 2021. 45 pieces of Storico Ribelle 2016 have been vacuum-cut and prepared and labeled for Christmas 2021 gifts.

Per I “Cheese Nerd” tra voi che vogliono assistere ai 17 minuti di spaccatura e taglio della forma, ecco il video!

For the “Cheese Nerds” among you who want to watch the 17 minutes of breaking and cutting the shape, here’s the video!

Mors tua, vaccino meo.

Anche questa settimana si è vaccinata un sacco di gente nel mio feed di facebook. Giornalisti, docenti, che però sono consulenti che hanno un corso in qualche università, rigorosamente in DAD. Spesso “esperti di comunicazione”, che mica però l’han gestita bene questa cosa…

Son contento per loro: è gente che ha spesso 10/15 anni meno di me e probabilmente un rischio di malattia grave da Covid-19 pari a 1/3 o /14 che il mio. Anche se mi è oscuro perché loro debbano aver ricevuto il vaccino e io no, son contento per loro, davvero.

Non lo vorrei aver fato al posto loro, il vaccino.

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Il tuo vaccino è di marca?

🇬🇧 English below. 👇

Tutto è cominciato con la corsa ai vaccini. Con discorsi sul fatto che fosse importante ce ne fossero più di uno (la cara vecchia e sana concorrenza, insomma).

Quale sarà “il più veloce“: Pfizer/BionTech, Astra Zeneca o Moderna? E questo lo rende un vaccino migliore o frettoloso e pericoloso, meno sicuro? Anche l’attesa con le date, le code, i punti di distribuzione ricalca il modello delle release dei prodotti di avanguardia come un ultimo modello di iPhone.

Si è parlato anche di origine e filiera produttiva: il vaccino russo, cinese, americano, tedesco, turco, tedesco-turco, inglese… come le olive o le nocciole: piemontesi o turche?

Dopo è stato il momento della corsa sui tempi di consegna e di disponibilità (stock) e del conseguentemente approvvigionamento: 200 milioni di dosi, 600 milioni di dosi, 1 miliardo di dosi. Quale produttore ne avrà per tutti?

A ruota è arrivata la competizione sull’efficacia: 90%, 94%, 94,5%, 95% il mio vaccino vaccina più del tuo. Ma mancano ancora i test e le approvazioni delle varie agenzie governative (FDA, EMA etc tc). Una vera e propria fora di pubblicità comparativa.

Una ulteriore, seppur minoritaria, discussione ha avuto luogo sugli ingredienti, chiamiamoli così, dei vari vaccini o sulla ricetta: uno va conservato in frigo per preservare (la freschezza?) l’efficacia, un altro ha l”RNA messaggero” e la memoria (quanta?) anticorpale.

Più ci avviniamo al lancio più arrivano altri elementi di assonanza con la gramatica e la logica dei brand: i test e i focus group (qui cavie o volontari).

Poteva mancare il purpose? Distinguere cioé tra un vaccino che “protegge solo chi lo fa” rendendolo immune dalla malattia oppure un altro che “svolge una funzione sociale” arginando la diffusione del virus? No che non poteva.

Ci sarà un certificato (di autenticità?) per dimostrare che si fatto il vaccino: ripoterà anche quale si è fatto? Andrà bene un vaccino qualunque in tutto il mondo o ci saranno Paesi che avranno delle white list di vaccini riconosciuti?

Infine la distribuzione, con una campagna a nostro modo di vedere quanto mai inopportuna e sballata nelle priorità strategiche e nei toni il governo ci informa che ci sarà un vero e proprio roadshow con tanto di padiglioni a forma di primula nelle piazze italiane.

Insomma che siano le marche a inseguire i modelli sociali o viceversa è realistico pensare che la “marca” dei singoli vaccini possa giocare un ruolo non secondario nella scelta governativa, individuale e nelle vite dei vaccinati. E infatti (Edit 26/2/2021) due mesi dopo questo articolo ecco il NY Times che racconta come in Germania il vaccino Pfizer (tedesco) sia conteso, mentre quello Astra Zeneca (inglese e con dubbi sulla affidabilità) venga addirittura rifiutato, preferendo non farlo.

No photo description available.

Vi vengono in mente altri esempi di Vaccin Branding? Lasciateli nei commenti così che si possa integrare il post.

🇬🇧 What brand is your vaccine? 🇬🇧

It all started with the vaccine rush. With discussions about the fact that it was important that there were more than one (good old and healthy competition, in short).

Which will be “fastest“: Pfizer / BionTech, Astra Zeneca or Moderna? And does that make it a better vaccine or hasty and dangerous, less safe? Even the wait with dates, queues, distribution points follows the model of the releases of cutting-edge products such as a latest model of the iPhone.

There was also talk of origin and production chain: the Russian, Chinese, American, German, Turkish, German-Turkish, English vaccine … like olives or hazelnuts: Piedmontese or Turkish?

Then it was time for the race on delivery times and availability (stock) and the consequent supply: 200 million doses, 600 million doses, 1 billion doses. Which producer will have it for everyone?

Next came the competition on effectiveness: 90%, 94%, 94.5%, 95% my vaccine vaccinates more than yours. But the tests and approvals of the various government agencies (FDA, EMA etc tc) are still missing. A form for comparative advertising indeed.

A further, albeit minority, discussion took place on the ingredients, let’s call them, of the various vaccines or on the recipe: one should be kept in the fridge to preserve (the freshness?) The effectiveness, another has the “messenger RNA” and the memory (how much?) antibody.

The closer we get to the launch the more other elements of assonance with the grammar and logic of the brands arrive: tests and focus groups (here guinea pigs or volunteers).

Could the purpose be missing? That is, to distinguish between a vaccine that “protects only those who do it” making them immune to the disease or one that “performs a social function” by stemming the spread of the virus? No he couldn’t.

There will be a certificate (of authenticity?) To prove that the vaccine was made. Will any vaccine be fine anywhere in the world or will there be countries that will have white lists of recognized vaccines?

Finally, the distribution, with a campaign in our view very inappropriate and busted in strategic priorities and in tone, the government informs us that there will be a real roadshow with lots of primrose-shaped pavilions in the Italian squares.

In short, whether it is brands that follow social models or vice versa, it is realistic to think that the “brand” of individual vaccines can play a non-secondary role in the government, individual choice and in the lives of the vaccinated. And in fact (Edit 26/2/2021) two months after this article here is the NY Times which tells how in Germany the Pfizer vaccine (German) is in high demand, while the Astra Zeneca (English and with doubts about reliability) is even rejected, preferring do not do any.

Can you think of other examples of Vaccin Branding? Leave them in the comments so that we can integrate the post.

Quaranta minuti col sistema sanitario giapponese.

Passo una buona parte dell’anno in Giappone per ragioni familiari e professionali, pur non avendo cittadinanza, residenza né alcun visto particolare se non quello turistico che ricevono tutti in forma di timbro sul passaporto all’atterraggio che consente di passare nel Paese tre mesi e null’altro.

Standoci a lungo capita anche di ammalarsi e settimana scorsa mi sono preso una brutta tosse. Sommata al jet lag e al poco sonno non passava, anzi. Dopo qualche aspirina penso che forse sarebbe il caso di prendere un antibiotico e chiedo a mia moglie (giapponese) di andare “dal dottore” per avere una prescrizione di un antibiotico per la tosse. Detto fatto, ci rechiamo, scortati dalla mamma di mia moglie presso un piccolo centro medico di un piccolo paesino di provincia.

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4 marzo 2018. L’unico voto col segno “Più”. 

Siete tra gli indecisi per il voto di domenica prossima? Anche io. Sono un indeciso cronico. La mia storia del voto è una scheda bianca così grande che potrebbe assomigliare a una bandiera… bianca. Ma non mi sono ancora arreso, la speranza è sempre quella, poter dare un voto vicino ai propri interessi, compatibile coi propri ideali e coerente con la propria etica. Oltre ad aver votato poco (1 o 2 volte radicale tra i 20 e i 30 e 1 o 2 volte PD (o DS/PDS non ricordo gli anni esatti…) tra i 30 e i 40, ho disertato comunali, regionali, nazionali… ) ho anche fatto poca e nulla “campagna”. Non ho quasi mai manifestato il mio voto, né le mie intenzioni di voto. Ho auto la tessera del partito radicale a 18 anni per un anno durante l’operazione di salvataggio di Pannella. Mai altra tessera. Non ho mai fatto proseliti o opera di convincimento di parenti e amici per farli votare per qualcuno. Trovo il voto un fatto intimo, privato.  Continua a leggere